Messina: ville romane e teatri

di Italia Moroni Cicciò
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Messina, Villa Romana di PattiL’archeologia in Sicilia (e per la Sicilia) rappresenta un settore attraverso il quale si è scritta una parte della storia della nostra isola, ma rappresenta anche una materia ancora da scoprire e che, in taluni casi, può determinare una nuova ed imprevista necessità: quella di rivedere spezzoni di storia locale.
Ciò perché l’intera Sicilia è, di fatto, una zona archeologica e, sembrerà un paradosso, si può dire che pure sotto i marciapiedi che calpestiamo può essere nascosta un’opera, un monumento, una città.
Qui, a volo d’uccello, tentiamo un itinerario delle località e dei ritrovamenti che, in questi ultimi settanta anni, hanno costituito le più importanti scoperte archeologiche nella provincia di Messina.
Partiamo da Giardini Naxos, sulla costa jonica messinese dove i greci calcidesi fondarono, nel 735 a.C., la prima colonia greca in Sicilia. In questa località, nel parco archeologico lungo il torrente Santa Venera, sul promontorio del capo Schisò, sono visibili gli avanzi della cinta urbana a blocchi di basalto, i resti di un quartiere di abitazione e forni di un vasaio. Una interessante documentazione è catalogata ed esposta nel Museo Archeologico di capo Schisò con reperti provenienti anche da località vicine come S. Alessio Siculo.
Secondo notizie degli storici Polieno e Diodoro, una colonia dei Siculi, allora abitatori della vallata dell’Alcantara, nel 395 a.C., si stabilì sul monte Tauro e fondò Taormina che, subito dopo, divenne un sito greco (Tauromenium) e, poi, romano. Del III secolo a.C. è il Teatro Greco e, nell’antiquarium, si conservano marmi, frammenti architettonici e iscrizioni delle antiche magistrature cittadine, mentre la Naumachia, monumentale prospetto in mattoni con nicchie, è uno dei più importanti resti romani dell’isola.
A pochi chilometri da Taormina, in quel di Scifì di Forza D’Agrò, nel 1987, sono stati rinvenuti pezzi di muro che vengono fatti risalire ad epoca imperiale: gli scavi, seppure saltuariamente, sono ancora in corso, ma non si esclude che potranno riservare notevoli sorprese rispetto alla locale storia nota.
Dalla costa jonica, meno di un’ora di auto ed eccoci a Milazzo con il suo promontorio che ci appare come un coccodrillo addormentato. Da qui è obbligatorio un viaggio nell’arcipelago delle isole Eolie, per visitare il Museo eoliano di Lipari, che raccoglie un ricco materiale preistorico proveniente dalle stesse isole (a Panarea sono visibili i resti archeologici di un villaggio dell’età del bronzo, XIV secolo a.C.) e da scavi effettuati in altre località viciniori del messinese. Sempre a Lipari meritano di essere conosciuti la zona archeologica, dove resistono tracce di capanni dell’età del bronzo e dell’età del ferro dal XVII al IX secolo a.C., il parco archeologico del Castello, dove sono stati ricostruiti sarcofagi e tipi di tombe di età greca e romana e il parco archeologico di contrada Diana,che comprende un tratto della cinta muraria di età greca ed ha intorno tombe ipogee di epoca imperiale.
Mosaico della Villa Romana di Patti (Messina) Eolie, Milazzo, Villa romana di Terme Vigliatore e, dopo alcuni chilometri verso l’interno, Rodì Milici dove, all’inizio degli anni Cinquanta, il prof. Luigi Bernabò Brea scoprì una necropoli del VI-IV secolo a.C. in contrada Mustaca e in contrada Grassorella sul monte Gonia dove, attualmente, sono in corso nuovi scavi. Sul monte Ciappa, sempre a Rodì Milici, sono visibili resti di fortificazioni del VI secolo a.C. e sono stati trovati tipi di ceramica di un periodo compreso tra il XVIII e il XV secolo a.C.
Ancora un breve percorso ed eccoci a Patti, dove a Marina viene scoperta, nel 1973, durante la costruzione dell’autostrada Messina-Palermo, una splendida Villa romana. I resti finora venuti alla luce risalgono al IV secolo d.C. e dimostrano che l’elegante abitazione fu costruita sopra un precedente impianto raso al suolo forse da un terremoto.
La parte meglio visibile contiene un pavimento a mosaico policromo che presenta delle scene figurate risalenti al I-II secolo d.C., ma è certo che la struttura è stata preceduta da un’altra fase edilizia di cui si conosce poco. Tutto però ci riporta alla Villa di Piazza Armerina (Enna) che “non è più da considerare - come dice il dott. Giuseppe Voza, soprintendente ai Beni archeologici di Siracusa - un fatto eccezionale in Sicilia”.
Sulla collina che domina il golfo di Patti, a Tindari, la visita è d’obbligo, e non solo per il moderno santuario della Madonna nera, una statua bizantina giunta, secondo la leggenda, dall’Oriente. Meritevole di doverosa attenzione è il Teatro costruito dai Greci (III o II secolo a.C.) e rivisitato in età romana, così come meritevole di interesse è il decumano con l’antica pavimentazione ed il grande isolato con tabernae digradanti.
Colonne e pavimenti a mosaico contraddistinguono la casa romana (I secolo a.C.) e, poco distante, la basilica con copertura a volte, che fungeva da monumentale propileo dell’agorà. Rari reperti sono conservati nel museo mentre le mura che circondavano tutto il colle sono fra le più imponenti e meglio conservate (III secolo a.C.).
Proseguiamo il nostro viaggio verso ovest e, a dieci chilometri da Santo Stefano di Camastra, località famosa pere le sue rinomate ceramiche, ecco Halaesa (Tusa) o, meglio, i ruderi di Halaesa che, sotto Augusto, ebbe facoltà di emettere monete proprie (II e I secolo a.C.) di bronzo e d’argento. Oggi sono visibili l’agorà, le mura curvilinee e pavimenti con mosaici a tessere.
Da Tusa-Halaesa un piccolo salto all’indietro ed una sosta ad Acquedolci, patria di Thea, la donna più antica di Sicilia, vissuta oltre 10.000 anni fa. Fu scoperta nel 1937 ed attualmente si trova nel Museo archeologico di Palermo.
Ecco, possiamo concludere qui questo nostro viaggio nella provincia archeologica di Messina. Non è certamente un discorso esaustivo il nostro, ma è sicuramente indicativo del grande patrimonio archeologico e culturale di cui sono ricche le nostre zone, patrimonio troppo spesso dimenticato quando non trascurato e patrimonio, invece, che potrebbe costituire uno dei principali volani per la valorizzazione turistica ed il rilancio economico della provincia di Messina.



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