La veglia di Venere nell’antica Paternò

di Maurizio Vento
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Base della statua di Venere ( Afrodite ) custodita nel  museo Castello Ursino di CataniaLa civiltà di Roma, rimanendo formalmente operante anche nella fase avanzata dell'età imperiale, ha permeato di sé i popoli sottomessi; anzi, come suole accadere, sono stati proprio gli abitanti delle province più lontane a mantenere maggiormente vivo il culto della latinità, a testimonianza di un legame venato di struggente nostalgia e di insopprimibile rimpianto per il passato, che appunto nelle aree periferiche assumeva aspetti di forte intensità, peraltro evidenti nella produzione letteraria dell'epoca.
Trova pertanto spiegazione il fiorire di scrittori e di poeti latini in Gallia, in Asia e in Africa: autori pagani e cristiani, pur separati e spesso divisi sul piano ideologico, hanno di frequente un comun denominatore nell'attaccamento spirituale alla città eterna e ai valori culturali da essa espressi.
A siffatto clima di instancabile attività creativa non si sottraeva la Sicilia. Fra la fine del terzo e l'inizio del quarto secolo d.C., viene collocato, a giudizio dei più, il "Pervigilium Veneris” (La veglia di Venere), un carme di 93 tetrametri trocaici in strofe di varia lunghezza, intercalate dal ritornello «Cras amet qui numquam amavit, quique amavit cras amet». (Domani ami chi non ha mai amato, e chi ha amato ami domani). Il poeta, avvalendosi di erudite allusioni. celebra la festa di Dione · Venere Hyblaea, fecondatrice e madre di Roma. Come ha scritto l'insigne latinista Luigi Alfonsi, "l'ambiente è siculo: ed accanto alla tradizione letteraria innegabile sotto l'apparenza popolare è da notare, oltre lo spunto di malinconia, il pagano senso della vita, l'invito all'amore, un naturalismo tripudiante, inebriato e quasi disordinato che, dissolvendo il dolore, si pone come profondo motivo polemico anticristiano, anche nell'asserire il vincolo tra Venere e la stirpe latina" .
L'attribuzione del carme ha visto i filologi, negli ultimi tre secoli, schierati su diverse posizioni, poiché alcuni propendevano in un primo tempo per Catullo, altri per Anneo Floro dell'età di Adriano; oggi la maggioranza degli studiosi è invece incline ad assegnare la paternità del testo ad un anonimo autore siciliano della tarda età imperiale.
Il luogo, in cui Il "Pervigilium Veneris" è ambientato, è la città di Hybla, identificata, per la sua dichiarata vicinanza geografica all'Etna, con Hybla Gaelatis (odierna Paternò); di essa restano tracce archeologiche, come documentano i manufatti provenienti dalla necropoli e le nicchie votive scavate nella roccia. Centro di significativo rilievo, Hybla nella bella stagione si ricopriva di un meraviglioso tappeto di fiori attorno a un tempio dedicato a Venere Vittrice (il basamento della statua della dea con la relativa iscrizione viene custodito dal 1934 a Catania nel Museo di Castello Ursino). E proprio ad Hybla, annualmente, si rendeva omaggio a Venere all'ingresso della primavera, e per tre notti consecutive ragazzi e ragazze cantavano e ballavano intonando il ritmo sonoro e incalzante dei tetrametri trocaici del "Pervigilium", la cui scansione metrica era accompagnata dalla musica.
L'autore, che mostra di possedere una vasta cultura e una travolgente vis poetica, nei versi 69-74 si sofferma in rapida sintesi sugli episodi salienti delle vicende di Roma, dall'arrivo dei Troiani al matrimonio di Enea con Lavinia, all'unione di Marte con Rea Silvia, a Romolo e al ratto delle Sabine, al patto di alleanza e di amicizia tra Ramni e Quiriti, a Giulio Cesare e ad Ottaviano Augusto. Ma, al di là degli specifici riferimenti mitici e storici, il carme evoca una ricorrenza religiosa e mondana con una poderosa forza di suggestione che ci fa immedesimare in quel mondo bucolico, permettendoci di rivivere come spettatori incantati una mitica età e di partecipare personalmente, sull'onda musicale degli inimitabili tetrametri trocaici, ai riti orgiastici di un'eterna primavera pregna di soavi odori; una primavera che oggi, purtroppo, esiste soltanto nell'intima sfera dei nostri sogni proibiti.



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