Chi non è mai stato a Pantelleria non ha ancora visto la natura che canta: le rocce nere, i fiori di cappero, le colline terrazzate ricolme di zibibbo; i giochi di vapore provocati dalle favare, il luccichio del sole che si riflette sul mare e sulla pietra, i dammusi nascosti tra il paesaggio. Tutto questo vibra e vive in perfetta armonia.
L’isola di Pantelleria, posta a 110 km a sud-ovest di Mazara del Vallo e a 70 Km dalla costa nord orientale della Tunisia, nasconde in sé così tanti e tali tesori che spesso panteschi e turisti ci passano sopra ignari ed essi rimangono celati e dormienti.
Una delle tante meraviglie che per troppi secoli è stata trascurata è il patrimonio archeologico dell'isola. La scoperta d'importanti siti risale già alla seconda metà del XIX secolo; ma nel corso di tutti questi anni sporadici scavi si sono alternati a periodi troppo lunghi di totale disinteresse e dimenticanza. Solo dal 1996, in seguito ai finanziamenti dell'UE POR 2000-2006 e sotto la direzione del Servizio per i beni archeologici della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Trapani, diverse università italiane ed europee hanno dato inizio ad uno studio sistemico e continuato del patrimonio archeologico di Pantelleria.
Tanti e quali sono stati i siti e i reperti trovati, che è nato il progetto di fare di Pantelleria un vero e proprio parco archeologico, articolato in quattro settori principali: il villaggio preistorico di Mursia, l'acropoli di San Marco, il santuario punico-romano del lago di Venere, l'insediamento tardo-romano di Scauri. Oltre l'entità di un tale patrimonio, è da rilevare la sua particolarità: la posizione geografica dell'isola fa di Pantelleria un punto nevralgico nelle rotte commerciali e negli eventi bellici delle antiche civiltà mediterranee; inoltre, è difficile trovare al mondo un altro luogo in cui anche il semplice profano può passeggiare tranquillamente tra i resti di città preistoriche ancora perfettamente conservati.
Quando anche l'uomo iniziò a far parte della brulicante vita dell'isola di Pantelleria non lo si sa con precisione: tracce di ossidiana pantesca sono state ritrovate in Sicilia e a Malta già nel Neolitico (V millennio a.C.), il che dimostra che già allora l'isola era abitata; ma la maggior condizione di popolamento Pantelleria la raggiunse con l'Età del Bronzo, quando in tutto il mediterraneo fiorivano civiltà e culture complesse e bellissime: la monarchia faraonica, in Egitto, viveva il suo apogeo, la civiltà cretese era in pieno sviluppo e in Europa la scoperta del bronzo permetteva di forgiare armi e utensili raffinati, che divennero ben presto oggetto di scambi commerciali.
A questo periodo risale il villaggio di Mursia (1900-1700 a. C.) ubicato nella costa Nord-Occidentale. Il suo eccezionale stato di conservazione permette di comprendere com'era costituito il villaggio: affacciato sul mare, era delimitato da un possente muro di cinta e all'interno arcaiche abitazioni, simili a capanne; adiacente al villaggio fortificato c'è la necropoli, la città dei morti, con più di cinquanta Sesi, tombe costruite in pietra a forma di cupola. Gli antichi abitanti vivevano di agricoltura e pastorizia, avevano molte affinità culturali con i vicini popoli del Nord Africa, a causa degli intensi scambi commerciali che intrattenevano con questi e non solo: infatti, la popolazione basava il suo sviluppo sull'esportazione dell'ossidiana e sono state trovate ceramiche importate dall'Egeo e oggetti d'origine egiziana e del Mediterraneo sud-orientale.
Un ruolo fondamentale per la sua posizione geografica, Pantelleria (allora chiamata Cossyra da come testimoniano fonti storiche rimane) l'ebbe anche durante le guerre puniche: prima sotto il dominio cartaginese, nel 217 a. C. passò sotto amministrazione romana. Di questi avvenimenti storici è testimone l'acropoli di S. Marco, posta su una collina che domina una vasta area del mare e della terraferma. Due civiltà hanno abitato questo rilievo: punica e romana. In tutta la collina, numerose sono le cisterne scavate nella roccia: l'acqua piovana rappresenta per l'isola l'unica risorsa potabile e le prime popolazioni scavano pozzi sul terreno per intercettare l'acqua che scendeva dai monti verso il mare; a partire dalla fase punica, invece, il sistema idrico fu razionalizzato con la creazione di cisterne a forma di campana, che assicuravano abbondanza d'acqua a persone e campi coltivati. Cisterne di diversa forma, a volta, sono invece più propriamente romane.
All'interno di esse sono stati trovati alcuni elementi architettonici, quali capitelli corinzio-italici e sculture in pietra locale, che testimoniano la presenza di un tempio risalente al II sec. a. C.. Ed è proprio all'interno di due cisterne dell'acropoli di S. Marco che sono stati portati alla luce i tre famosi ritratti imperiali, che per il loro perfetto stato di conservazione e per la loro particolare bellezza hanno già fatto il giro del mondo giungendo fino in Giappone. Essi raffigurano Giulio Cesare, Antonia Minore e Tito.
Il sito archeologico del Lago di Venere, nella parte nord dell'isola, comprende un grande santuario, anch'esso risalente ad epoca romana. Il tempio è in stile ionico, ma la sua struttura architettonica presenta elementi punici, dato che si basa su una precedente costruzione. Esso è costituito da una cella a pianta rettangolare, dove un tempo vi era la statua della divinità; da un'area antistante la cella, dove venivano svolti i riti sacrificali e una grande scalinata che conduceva alla parte antistante il tempio. Dal confronto con altri santuari del tempo nel Mediterraneo, si suppone che il santuario sia dedicato alla fertilità e alle acque, quindi alla dea punica Tanit e successivamente alla dea latina Venere.
L'ultimo grande sito archeologico è l'insediamento tardo-romano di Scauri: questo luogo era abitato già nel III sec. d. C., ma solo nel V sec. divenne uno dei massimi centri produttivi e commerciali del Mediterraneo. Nei fondali del porto è stato trovato un relitto navale con numerosi oggetti in ceramica, a testimonianza della forte attività produttiva e commerciale della pregiata ceramica da fuoco Pantellerian Ware, mentre sulla costa è stato riportato alla luce tutto un intero villaggio di pescatori, fatto di abitazioni e strade abbarbicato sul terrazzamento del luogo.
Oggi, purtroppo, tutte queste meraviglie occupano un ruolo marginale nel turismo, dato che non sono ancora state valorizzate con adeguate segnalazioni, regole per la loro salvaguardia e attività di marketing territoriale. Nonostante ciò, considerevole è l'interesse dei numerosi visitatori dell'isola e questo fa quindi intuire quale straordinario patrimonio sia questo per tutta Pantelleria.
Esauriti i fondi europei che hanno permesso di realizzare le numerose ricerche, adesso si passerà, con l'aiuto di altri finanziamenti, alla promozione e alla divulgazione del patrimonio archeologico: c'è già il progetto di fare del castello Barbacane, situato al centro di Pantelleria, un museo, non solo archeologico, ma anche storico, dell'agricoltura, della pesca e delle tradizioni popolari, per introdurre e mostrare al pubblico, locale e non, tutti i tesori dell’isola. Si è già cominciato con una conferenza tenutasi nello stesso castello lo scorso luglio nel quale si sono illustrate le scoperte fino ad ora fatte e cosa si progetta ancora. In quest'occasione il sindaco di Pantelleria ha posto l'accento sull’«ambizione e sul dovere» di portare avanti il piano di fare del patrimonio culturale dell'isola il centro e il motore dello sviluppo futuro di Pantelleria.
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