Abbiamo appreso con dolore la tristissima notizia della morte di uno dei più grandi archeologi contemporanei, il prof. Benedikt S.J. Isserlin dell’Università di Leeds (Gran Bretagna), avvenuta il 23 ottobre scorso, la cui repentina scomparsa lascia un vuoto davvero incolmabile essendo egli stato, in tutto il mondo, insostituibile punto di riferimento per gli studiosi della materia. La sua eredità culturale e spirituale è raccolta dal figlio Raphael, anch’egli archeologo ed assiduo collaboratore del padre.
Nato in Germania a Monaco di Baviera nel 1916, Isserlin si trasferì dapprima in Svizzera, quindi dal 1935 a Edimburgo, dove perfezionò la conoscenza della storia antica e dell’archeologia. Avendo frequentato le università di Magdalen e di Oxford, dopo la laurea conseguita con i primi onori della classe (1939) e il successivo dottorato di ricerca (1943), ed essendosi specializzato in Ebreo e in Arabo, imparò inoltre con prodigiosa capacità una decina di lingue antiche, di cui seppe impadronirsi con geniale autorevolezza non solo parlandole agevolmente ma anche usandole per la scrittura.
Titolare a Leeds della cattedra di studi semitici Isserlin, ormai cittadino britannico, giunse più volte e compì scavi in Palestina, dove reperì ed interpretò preziosi documenti del Vecchio Testamento (1954). Guidò nel 1955 la spedizione dell’Università di Oxford a Mozia, e qui riportò alla luce il cothon, vero e proprio bacino di carenaggio dell’emporio fenicio. Di questa fondamentale scoperta troviamo riscontro nel suo saggio New Light on the cothon at Mozia, apparso su Antiquity XLV 1971. Fu cronologicamente il secondo archeologo dopo J.I.S. Whitaker ad operare a lungo nell’isola di Mozia. Il suo impegno scientifico nei decenni successivi si proiettò ancora sulle civiltà del Mediterraneo orientale e, in particolare, sul mondo fenicio, fino alle estreme regioni occidentali, includendovi la Spagna (soprattutto Malaga) e le Isole Azzorre (Portogallo).
Negli ultimi anni intrecciò tra l’altro un’assidua corrispondenza con il nostro direttore prof. Maurizio Vento, apprezzandone l’attività svolta nel campo archeologico soprattutto con riferimento alle Stele dipinte, alla Nave punica e ai Bagli di Marsala, dei quali auspicò il recupero.
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