I Romani in Sicilia

di Fulvio Ceccaroni
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Euno capo della rivolta degli schiavi in SiciliaL’arrivo dei Romani in Sicilia coincide con l’inizio della prima guerra punica (264-241 a.C.) che pose l’una contro l’altra le due maggiori potenze dell’epoca: Roma e Cartagine. Dopo 24 anni di alterne vicende e di scontri sanguinosi tra le forze terrestri e navali delle città rivali, venne finalmente stipulata la pace ed i Cartaginesi furono pertanto costretti ad abbandonare definitivamente l’isola.
Perché i Romani vennero in Sicilia? Il prof. Santi Correnti dell’Università di Catania, nel saggio su Roma e la Sicilia apparso nel 1992 sulla Rivista Storica Siciliana, scrive che «i motivi furono tre, ed ebbero carattere politico, economico e strategico. Per il motivo politico, era fatale che il duello imperialistico, ingaggiatosi per la supremazia nel Mediterraneo, si risolvesse proprio in Sicilia, data la determinante posizione geopolitica dell’isola; per il motivo economico, Roma aveva bisogno di assicurarsi il vettovagliamento sia per le sue truppe eternamente in guerra, sia per la popolazione continuamente in crescita; e, per il motivo strategico, la Sicilia costituiva per Roma la testa di ponte ideale per la conquista dell’Africa, come aveva già dimostrato la vittoriosa spedizione militare ivi condotta dal siciliano Agatocle nel 310 a.C.».
Al termine delle operazioni belliche, la Sicilia divenne la prima provincia del dominio romano; la conquista territoriale da parte dei Romani giunse però a compimento soltanto nel 212 a.C. con la presa di Siracusa.
Le condizioni economiche dell’Isola erano comunque peggiorate. Il perdurante malessere degli isolani ebbe tra le altre conseguenze anche quella dell’esplodere di rivolte servili, per rivendicazioni di carattere sociale ed autonomistico, come quella dello schiavo Euno ad Enna, che mobilitando la sua gente riuscì ad impadronirsi per breve tempo quasi dell’intera Sicilia proclamandosi re con il nome di Antioco ma, catturato dal console romano P. Rutilio, venne ucciso mentre tentava la fuga.
Fatta eccezione per poche comunità urbane, i Siciliani vennero di frequente trattati non da alleati ma da sudditi veri e propri, obbligati a pagare un tributo annuale in grano e costretti ad obbedire. Durante il periodo repubblicano romano, tutte le città siciliane godevano, ciò malgrado, di una qualche autonomia pur diversificandosi tra loro per tipo di organizzazione amministrativa.
Come struttura economica si impose il latifondo (ingentia rura); quella del frumento era la coltivazione principale e ciò rese l’isola il più ricco dei granai di Roma e ne fece una delle sue province più importanti. In Sicilia furono apportati miglioramenti alle strade interne di comunicazione e alle arterie più rilevanti: un esempio è la via consolare Valeria che congiungeva Messina a Siracusa, in uso fino al XIX secolo. Fu la spina dorsale del versante ionico della Sicilia.
Poco numerose le costruzioni di origine romana tra quelle realizzate durante il periodo ellenistico e conservatesi fino ai nostri giorni; fa eccezione la “Villa del Casale” a Piazza Armerina, ricca di meravigliosi mosaici originali per contenuto. Ma altre splendide residenze dell’epoca si contano a Marsala, a Patti e nel Siracusano.
Nel 535 d.C. si conclude in Sicilia, con il sopraggiungere dei Bizantini, la lunga dominazione romana, protrattasi per circa un millennio dal III secolo a. C. al VI secolo d.C.



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