Col termine restauro si intende oggi il tenere in vita un'opera pittorica, scultorea o architettonica senza però alterarne il valore storico. L'opera d'arte può subire alterazioni a causa dell'azione del tempo o dellazione dell'uomo. L'azione del tempo può determinare il normale invecchiamento (invecchiamento fisiologico) o l'insorgere di guasti (invecchiamento patologico). L'azione dell'uomo può essere volta a interventi in funzione pratica, interventi a carattere estetico o interventi in funzione di conservazione. Gli interventi in funzione di conservazione possono essere diretti alla pura manutenzione o al restauro: questultimo può mirare a sua volta alla reintegrazione o alla soppressione delle aggiunte effettuate in passato. Nei secoli scorsi, infatti, il restauro era inteso soprattutto come ricostruzione, non ci si preoccupava minimamente di alterare l'identità storica dellopera d'arte da restaurare. Fino al diciottesimo secolo il restauro non era considerato un mestiere autonomo: solo a partire dalla fine del Settecento, il restauro acquisisce una propria autonomia dalle altre attività artistico-artigianali, distinguendo tra il pittore-restauratore, che si occupava di eventuali reintegrazioni pittoriche, e gli artigiani specializzati nel c.d. restauro meccanico, che si occupavano delle altre operazioni quali ad esempio il riadattamento delle cornici, la fermatura dell'intonaco degli affreschi, il trasporto e distacco delle pitture murali, le puliture. Tuttavia questo tipo di restauro in voga fino alla prima metà del secolo scorso prevedeva in alcuni casi il rifacimento totale o parziale dell'opera quando questa fosse andata distrutta, come nel caso di una statua senza braccia o senza testa, o le colonne mancanti di un tempio. In altri casi prevedeva addirittura il completamento dell'opera qualora questa fosse rimasta incompiuta dallartista per varie cause. Il motivo principale che stava alla base di qualsiasi attività di conservazione e restauro dell'opera d'arte era dunque legato alla rimessa in pristino dell'opera stessa. Questo tipo di approccio al restauro è stato definitivamente superato nel 1950 con la pubblicazione della Teoria del Restauro di Cesare Brandi: secondo Brandi lo scopo del restauro è quello di ristabilire l'unità potenziale dellopera d'arte, ristabilimento che deve avvenire non sull'opera stessa, in quanto si tratterebbe di falsificazione, ma nella mente di chi la osservi, rispettandone l'istanza storica e quella estetica. Di conseguenza, in presenza di lacune, l'intervento del restauratore dovrà essere riconoscibile ma non evidente, per non entrare in competizione con l'originale e per non alterarne l'identità storica. In ambito pittorico questo si traduce con la reintegrazione pittorica a rigatino: il ritocco pittorico viene fatto stendendo il colore con una serie di trattini sottilissimi accostati fra loro, in modo che da lontano sia perfettamente concordante con il resto dellopera, ristabilendone la leggibilità, mentre da vicino sia subito riconoscibile ad occhio nudo e distinguibile dalla pittura originale. In passato invece le mancanze pittoriche venivano colmate col colore che il più delle volte andava oltre la lacuna stessa, arrivando nei casi peggiori a ricoprire l'intero dipinto, che di conseguenza veniva rovinato per sempre.
I materiali oggi impiegati nell'ambito del restauro delle opere d'arte devono essere eliminabili in qualsiasi momento senza lasciare alcuna traccia sull'opera stessa, in modo da poter intervenire di nuovo in futuro qualora se ne presentasse la necessità. Infine l'azione del restauro, oltre a prevedere un'indagine filologica sullopera d'arte, deve ripudiare ogni tecnica simulatoria o dissimulatoria diretta a creare un falso estetico o un falso storico: oggetto del restauro deve essere la sola materia mediante cui l'autore realizza la sua creazione artistica, ristabilendo l'unità potenziale dell'opera d'arte stessa.