Si è svolto nell’aula magna dell’Università, con notevole successo di pubblico, il Convegno su «Tito Marrone fra poesia e teatro», promosso dall’assessore alla Cultura e ai Grandi Eventi della Provincia Regionale di Trapani dott.ssa Maria Giovanna Maglie e dal presidente dell’Associazione Nazionale “Ludi di Enea” prof. Renzo Vento. È stata l’occasione per far meglio conoscere ai trapanesi questo loro illustre concittadino, al quale è stato intitolato nel 2003 il locale teatro. Hanno preso la parola il prof. Renzo Vento, il vicesindaco di Erice dott.ssa Laura Montanti, il dott. Giampiero Musmeci (Rotary Trapani), il dott. Salvatore Ingrassia (Lions Trapani), il dott. Salvatore Pollina (Kiwanis Trapani), il dott. Franco Maltese (Rotary Erice-Trapani), il dott. Baldo Levante (Rotary Birgi-Mozia-Trapani), il dott. Maurizio Terzo (Kiwanis Erice), il prof. Andrea Bisicchia (docente di Metodologia e Critica dello Spettacolo nell’Università di Parma e di Organizzazione del Teatro e dello Spettacolo nella Cattolica di Milano), il dott. Rocco Giacomazzi (giornalista e direttore responsabile dell’emittente “Telesud”), lo scrittore Salvatore Mazzeo (Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari) e il prof. Antonino Tobia (presidente dell’Università della III Età).
Il trapanese Tito Marrone fondò la corrente poetica del primo Novecento che va sotto il nome di crepuscolarismo; di essa fecero parte assieme ad altri Corrado Govoni, Sergio Corazzini, Fausto Maria Martini, Marino Moretti, Guelfo Civinini e Guido Gozzano. È stato il prof. Giuseppe Farinelli, titolare della cattedra di Letteratura Italiana nell’Università Cattolica di Milano, ad evidenziare il ruolo decisivo ed essenziale che egli ebbe, nella nascita del crepuscolarismo, con l’opera “Cesellature” pubblicata a Trapani nel 1899. Questo movimento letterario, come il verismo di Luigi Capuana e di Giovanni Verga, avrebbe avuto dunque anch’esso un’origine siciliana.
Figlio di un professore di francese, Tito Marrone nacque a Trapani il 9 marzo 1882 in via San Francesco d’Assisi n. 56, e qui compì i suoi studi. Frequentò dapprima la scuola elementare di San Domenico e quindi il Liceo Classico “Leonardo Ximenes”. Nei primi anni del secolo scorso la famiglia, che a seguito di una controversia ereditaria aveva perduto dapprima una casa ad Erice e poi l’appartamento del capoluogo, fu indotta dalle sfavorevoli circostanze a lasciare la città siciliana per trasferirsi definitivamente a Roma, dove Tito conseguì la laurea in Lettere ed insegnò come il padre in un liceo lingua e letteratura francese. Legato nel ricordo alla Sicilia, frequentò nella capitale i caffè letterari, dove fu in rapporti di amicizia con i giovani scrittori dell’epoca.
A Roma Tito Marrone si innamorò di una bellissima ragazza della ricca borghesia, Maria Valle, figlia di un dirigente ministeriale, ma la sua felicità ebbe breve durata per la prematura scomparsa della fanciulla morta di tifo ad Albano Laziale nel settembre del 1909 a soli 22 anni. Per questo incancellabile dolore, ma soprattutto per la perdurante incomprensione di parecchi critici che non davano il dovuto risalto alle sue opere, Tito Marrone si chiuse per quaranta anni (1907-1947) in un ostinato silenzio, continuando tuttavia a comporre poesie e drammi, ma astenendosi rigorosamente dalla loro pubblicazione, ripresa parzialmente soltanto dopo la conclusione della seconda guerra mondiale.
Ma una terza, e ancor più determinante ragione, potrebbe forse spiegare meglio il volontario isolamento di Tito Marrone. A giudizio infatti del prof. Andrea Bisicchia, a provocare l’irrimediabile sconforto dello scrittore siciliano potrebbe essere stata l’inattesa traumatica conclusione dell’attività artistica della “Compagnia stabile della città di Roma” (1905-1907) di Eduardo Boutet (Napoli 1855 - Roma 1915), originata dal dissesto finanziario conseguente alle ingenti spese sostenute per l’avvenuta costosissima messa in scena al teatro “Argentina” di Roma del «Giulio Cesare» di Shakespeare e dell’«Orestiade» (Agamennone, Coefore, Eumenidi), la celeberrima trilogia di Eschilo nella versione appunto di Tito Marrone e di Antonio Cippico. Il ventiquattrenne drammaturgo trapanese avrebbe così visto naufragare il sogno ora svanito di gloria alimentato dal consenso ottenuto e dall’appoggio dell’amico Boutet su cui sapeva di poter contare anche per il proprio futuro, appoggio che però nei fatti gli era venuto ora a mancare.
La reintroduzione dell’antica tragedia in Italia, dovuta alla sua sensibilità per il mondo classico, dischiuse comunque in seguito ad Ettore Romagnoli la strada che avrebbe condotto alla riesumazione e al recupero dei teatri greci e agli spettacoli di Siracusa. Autore inoltre di commedie, atti unici e scene, Marrone meritò gli elogi del nisseno Pier Maria Rosso di San Secondo e dell’agrigentino Luigi Pirandello, che lo tennero sempre in giusta considerazione.
L’ultima raccolta marroniana del periodo che precedette il lamentato “esilio” reca il titolo Liriche ed è del 1904; ulteriori composizioni (1905-1907) rimasero sparse su riviste. Basta scorrere la bibliografia a lui dedicata per avere un’idea ben chiara del lunghissimo oblio: ci sono recensioni fino al 1905 e c’è quasi il vuoto fino al biennio 1947-49, quando egli vinse rispettivamente il premio Fusinato per Carnascialate, Poemi provinciali, Favole e fiabe e il premio Siracusa per la silloge Esilio della mia vita, stampata poi a Roma il 13 gennaio 1950.
Il trasferimento con i genitori nella capitale non gli impedì di mantenere contatti con parenti ed amici trapanesi mediante successivi soggiorni nella città natale in casa della sorella del padre, la zia Giuseppina.
Confortato dall’affetto dei pochi amici rimastigli e della nipote Silvana Bortolin, valorosa docente universitaria di Storia Antica, anche lei di recente scomparsa, Tito Marrone morì a Roma il 24 giugno 1967.
Dopo il Convegno dell’Associazione “Ludi di Enea” del 19 dicembre, nella mattinata successiva, con una pubblica manifestazione è stata murata a Trapani una targa commemorativa accanto alla porta d’ingresso della casa natale di Tito Marrone al n. 56 di via San Francesco d’Assisi. Ne va dato atto all’Università della Terza Età e, in particolare, al dinamico e colto presidente prof. Antonino Tobia e ai suoi inseparabili dioscuri dott. Vincenzo Vitrano e prof. Dino Greco, componenti del Consiglio direttivo del sodalizio. Madrina della cerimonia è stata la signora Luisa Guerrini Bisicchia, bella e intelligente consorte del prof. Andrea, che dei critici teatrali italiani è ritenuto a buon diritto fra i più preparati ed autorevoli.
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