Ottocentomila euro della Regione Siciliana per il recupero nel mare di Marausa (Trapani) del relitto tardo-romano di una nave da carico lunga circa 27 metri e larga 9 metri, localizzata ad una profondità di circa tre metri nell’estate dl 1999 da Antonio Di Bono e Dario D’Amico del locale Archeoclub.
Quando ebbe luogo il ritrovamento, il soprintendente del mare prof. Sebastiano Tusa effettuò una ricognizione, di cui diede notizia su “Sicilia Archeologica” (fascicolo 102 dell’anno 2004), scrivendo fra l’altro: «Ciò che mi si offrì alla vista furono i resti lignei assemblati di una piccola porzione di un’antica imbarcazione. L’evidenza in questione affiorava alla base di un cospicuo accumulo di sedimento fangoso fittamente compattato dalle intricate radici della posidonia che cresceva rigogliosa più in alto. Nello stesso sedimento e sul fondale circostante si trovavano sparsi numerosi frammenti di anfore».
Ulteriori sopralluoghi tecnici hanno permesso di predisporre il progetto di recupero del relitto, che prenderà prossimamente il via a cura della ditta specializzata “Atlantic”, sotto la direzione dello stesso prof. Tusa, che ne ha dato l’annuncio in questi giorni durante un incontro cui hanno presenziato, oltre ai benemeriti scopritori, il presidente dell’associazione “In alto mare” Michele Basiricò, il prof. Francesco Torre docente di Geoarcheologia nella sezione trapanese di Archeologia Navale dell’Università di Bologna, il deputato regionale on. Paolo Ruggirello, il presidente della Provincia on. Girolamo Turano, l’assessore municipale di Trapani Cettina Spataro e il senatore Antonio D’Alì. Quest’ultimo ha auspicato la realizzazione di un museo territoriale dove ospitare i reperti archeologici dell’hinterland trapanese. Il prof. Tusa, da parte sua, ha indicato due siti già esistenti in cui andrebbe custodita la nave oneraria dopo il restauro della presumibile durata di tre anni: il Baglio Tumbarello di Marsala o lo Stabilimento Florio di Favignana.
Il presidente Basiricò ha proposto l’elaborazione di un progetto indirizzato a monitorare i fondali tra Marausa e le isole Egadi alla ricerca di altre navi che a giudizio dell’archeologo marsalese prof. Giuseppe Agosta giacciono sepolte in quello specchio d’acqua fin dai lontani tempi della conclusione della prima guerra punica (241 a. C.). Al riguardo, va richiamato alla memoria un suo dettagliato studio dal titolo «Sotto il mare di Favignana le navi puniche e romane», apparso su “Sicilia-Nuova Frontiera” nel dicembre del 1996.
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