Trapani: aperta al pubblico la Villa Nasi
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Nunzio Nasi : busto realizzato da Ettore Ximenes«Nunzio Nasi: l’uomo, il ministro»: è l’argomento trattato domenica mattina 26 dicembre, nel Salone d’Onore del Palazzo del Governo a Trapani, dal prof. Salvatore Costanza e dall’architetto Luigi Biondo, nel quadro della quarta giornata del Fondo per l’Ambiente Italiano dedicata al tema “Dietro le quinte della tua città: personaggi noti e meno noti che hanno segnato la nostra storia”. La manifestazione, seguita da una visita guidata a Villa Nasi, è stata patrocinata dal Prefetto di Trapani Giovanni Finazzo e dal Presidente della Provincia Regionale sen. Antonio d’Alì.
I due relatori hanno intrattenuto il pubblico sui più significativi aspetti della vita e dell’opera di Nunzio Nasi (Trapani 1850-Erice 1935), evidenziando il ruolo politico svolto dal parlamentare trapanese che, ministro delle Poste nel Governo Pelloux (1898-1899) e ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Zanardelli (1900-1903), venne ingiustamente travolto da uno scandalo politico che interruppe la sua brillante carriera pur se egli venne poi sempre rieletto a furor di popolo per l’immutata stima di cui continuò a godere da parte dei Siciliani.
Nella caratteristica villa di stile liberty, che Nunzio Nasi si era fatta costruire sul mare tra Torre di Ligny e la Colombaia, la cittadinanza ha potuto ammirare domenica gli ambienti e gli arredi d’epoca (1900 circa) e tra questi ritratti, fotografie e sculture riproducenti le sembianze dello statista. Oggetto di attenzione, in particolare, il busto scolpito da Ettore Ximenes (Palermo 1855-Roma 1926), autore delle statue di Napoleone Colajanni (a Enna), di Dante (a New York), di Giuseppe Verdi (a Parma), di Giuseppe Garibaldi (a Pesaro e a Milano) e di tante celebri opere nelle piazze di Rio de Janeiro, di Kiev e di varie altre città in Italia e all’estero.
A Nunzio Nasi, nel 1980, venne dedicato alla Marina un altro busto bronzeo, opera dello scultore trapanese Giuseppe Lamia. Nella circostanza, il prof. Nicola Lamia, che da giovane aveva fatto parte assieme al padre Bernardo della segreteria politica dell’on. Nunzio Nasi, pronunciò l’orazione ufficiale, alla presenza del sindaco dott. Cesare Colbertaldo, dell’assessore ai LL.PP. prof. Renzo Vento, dell’on. Paolo D’Antoni e di una immensa folla di “nasiani” che gremivano l’intera piazza fino alla Casina delle Palme.
Villa Nasi : lo studio di Nunzio NasiIl prof. Lamia, nel suo lungo ed applaudito discorso, ebbe a dire fra l’altro: “Dedicando a Nunzio Nasi questo monumento, Trapani fedelissima non solo ha reso giustizia al grande la cui vita fu crudelmente amareggiata dall’invidia e dall’odio settario dei malvagi, ma lo ha proposto alle nuove generazioni come esempio fulgidissimo di integrità, di probità, di dedizione al Paese spinta fino al sacrifizio. Dal ricordo di Nunzio Nasi i giovani, a cui saranno affidate domani le sorti della patria, apprenderanno che la politica non è un comodo mezzo per arraffare stipendi e prebende o per soddisfare insane bramosie di comando, ma una autentica missione che esige disinteresse, abnegazione, rinunzia a qualsiasi vantaggio personale e talvolta l’olocausto della stessa vita”.
Nel 1901 il diciannovenne futuro poeta protocrepuscolare trapanese Tito Marrone (1882-1967) aveva dedicato a Nunzio Nasi una sua lirica, “Lo Scoglio”, scritta quando vennero ultimati i lavori di costruzione della villa. Ne trascriviamo integralmente il testo. «Equoreo mostro sei sopra l’orgoglio / della marea che non ti soverchia / ma ti corrode e ti dirompe, o Scoglio, / proteso a vigilare oltre la cerchia / d’eguali case verso l’orizzonte / che il vasto mare ad occidente cerchia. / Ultimo quivi: dall’opposta fronte / curvasi la città drepanitana / e sale con pendio lieve al suo monte, / tra il mare che la bagna a tramontana / e il mare che si perde a mezzogiorno / bianco di sale su la riva piana. / Nudo eri e solo. Ti batteva intorno / la libecciata o il vento di maestro, / ululo assiduo per un lungo giorno, / percotendo con rabbia ora l’alpestro / tuo dorso e ora i fianchi aspri di sale, / senza recarti un alito silvestro. / T’ebbe il ponente e l’umido grecale / e su te prono com’enorme ancudine / scagliarono le nubi il fiammeo strale, / mentre su la commossa moltitudine / dell’onde grandeggiava nella notte / la poesia della solitudine. / E altro non sapevano che lotte / sterili e che più sterile quiete / -onda e bonaccia - le tue rupi rotte: / credevano in sé morte le segrete / vene ed utili a chi la nave ormeggia, / solo, gli scogli, e a chi tende la rete. / Ora la solitudine verdeggia; / cantano uccelli su’ frondosi rami; / sei fatto, o Scoglio, una fatata reggia; / e il vento che ti culla e che tu ami / odoroso per te d’alghe e di fiori, / molle tra onda e fronda fa richiami. / Senti ora sul tuo cuor da mille cuori / espandersi la vita multiforme: / mille bocche da te suggere umori; / ed ammonisci il tuo vicin che dorme, / accidioso Scoglio: “O mio fratello, / se svolano su te rapide torme / d’uccelli, su me cantano; novello / spirito è in me: la vite ha i suoi gracimoli / in me; frendeggia in me l’albero snello; / la libellula trema su’ miei cimoli”».





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