Palermo: viaggio nella necropoli

di Lucia Grippo
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Necropoli di Palermo: corredo funerario.La città di Palermo vanta origini antichissime. Le prime testimonianze risalgono al tardo-paleolitico, con ritrovamenti di graffiti in alcune grotte, tra cui quelle di Pellegrino, Grifone, Gallo e Santa Rosalia. Di notevole rilievo sono inoltre, come annota Rosario La Duca nel primo volume di “Palermo ieri e oggi”, edito da Sigma nel 1994, le raffigurazioni umane (Addaura II), oltre alle semplici incisioni lineari e a figure di animali, che si localizzano nelle cavità di altri rilievi circostanti.
Il primo, grande e decisivo insediamento sulla costa di “Ziz” (“fiore”) venne realizzato intorno al sec. VIII a.C. dai Fenici che assieme a Panormo (attuale Palermo) fondarono, come è attestato da Tucidide, gli altri due empori di Solunto e Mozia. Questo popolo di marinai e mercanti edificò mura difensive che delimitavano la città, dividendola, nel tempo, in due: la Paleopolis (più interna e più antica) e la Neopolis (sorta circa due secoli dopo e orientata esternamente verso il mare).
Fuori delle mura cittadine non poteva mancare la “città sacra dei defunti”, la necropoli che, come gli attuali cimiteri, era luogo di culto e di rispetto, espressione e manifestazione di profonda credenza nella vita dopo la morte.
Concentrata soprattutto nella parte occidentale della città, la necropoli abbraccia oggi la zona sotto la Caserma Tukory, in un’area compresa tra piazza Indipendenza, corso Pisani, via Cuba, via Pindemonte e via Dasinni.
Complessivamente sono state portate alla luce circa 150 tombe, riconducibili a diversi riti funebri. Quello più praticato era l’inumazione; il defunto veniva posto in un sarcofago e collocato direttamente sotto terra, oppure si scavavano delle tombe “ a camera” ipogeica (profonde circa due o tre metri) che accoglievano il sarcofago del defunto e il suo corredo funerario (tra cui numerosi amuleti).
Alle tombe “a camera” si accedeva tramite scalette ricavate nella roccia; all’interno si trovava il sarcofago (in cui venivano posti gli oggetti personali del defunto), solitamente coperto da lastre di terracotta o di pietra, a loro volta sottostanti il corredo.
Oltre al sarcofago c’erano anche grossi orci contenenti viveri e bevande: questa usanza di lasciare al proprio caro il necessario per la sua “nuova” vita dopo la morte lascia intuire che i Fenici credevano nell’aldilà, o almeno in un proseguimento della vita oltre la morte in cui, appunto, si necessitava di ciò che era importante in “questa” vita.
Un altro rito molto comune era l’incinerazione: il corpo veniva bruciato, le sue ceneri erano raccolte in vasi e, quindi, si procedeva alla sepoltura nelle tombe “a camera”.
Da ciò possiamo dedurre che potrebbe trattarsi di una collocazione di tipo “familiare”. Questo non dovrebbe stupirci; del resto, è normale voler avere vicino, anche dopo la morte, le persone che più abbiamo amato.
I numerosi ritrovamenti delle necropoli, tra cui anfore, due sarcofagi marmorei ed altro, si possono osservare nel Museo Archeologico di Palermo, nelle cui sale vengono come opportunamente custoditi.



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