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Dopo la scoperta casuale fatta il 20 agosto 1988 da uno studente, Enzo Lombardo, dell’esistenza nel fondo del mare Tirreno di un relitto di una nave di cospicue dimensioni e probabilmente antica, un gruppo di ricercatori composto da Leonardo Nocitra, Maria Antonietta Nocitra, Anna Paola Nocitra e dalla professoressa Antonina Milione ha voluto verificare la veridicità di quanto esposto dal giovane prima che venisse diffusa la notizia e fossero informate le autorità competenti. A tale proposito le succitate persone hanno raggiunto in barca il sito del ritrovamento indicato.
Il geologo Leonardo Nocitra ha determinato le coordinate geografiche che sono 37°53’53’’ di latitudine nord e 12°26’37’’ di longitudine Est da Greenwich e la posizione che è a nord est di m 1,250 da Punta Scario e a sud ovest di Punta di Tramontana di m 1,230. Lì hanno rinvenuto ad una distanza di circa m 40 dalla costa bassa occidentale di Isola Grande, adagiato in parte sul fondo del mare, profondo m 2, ed in parte sommerso da limi e sabbie silicei misti a ciottoli di rocce di natura e provenienza varie ed a resti di microorganismi vegetali marini bentonici, in particolare di posidonia cauli, che là e nei suoi dintorni prospera, oltre che nello Stagnone in cui però contribuisce ad impedire che si possa navigarlo anche con delle chiatte, lo scheletro di una imbarcazione di legno, disposta pressappoco parallelamente alla spiaggia, quindi da sud ovest a nord est, lunga da poppa a prua un poco meno di m 17 e larga circa m 4. Hanno visto altresì ch’essa possiede ancora quasi n° 32 paia di coste di legno di forma arcuata, ognuna spessa e larga circa dieci centimetri e l’una distante dall’altra circa cm 25, tutte tendenti verso l’alto dalla chiglia robusta alla quale sono fissate. La poppa è sovrastata da tavole alcune ancora inchiodate da un lato, altre divelte, mentre altre lunghe circa m 5, larghe circa cm 30,40 e spesse circa cm 3,4 sono sparse nei suoi pressi.
Nella prua c’è un oggetto metallico grande quanto un pugno umano, di forma vagamente d’ombrello o di fiore che poggia su una massa pesante forse oltre Kg 500, di forma non ben definita ma probabilmente globulare, costituita di un composto del ferro o di una lega dello stesso con altri elementi chimici, di colore grigio scuro-brunastro e a struttura lamellare. Le stesse persone si sono espresse, pur non essendo esperte in archeologia marina, dicendo che possa trattarsi di una nave di fattura punica o romana dato che:
a) si trova in prossimità del sito in cui fu trovata la nave punica, ora gelosamente conservata a Marsala nel museo ricavato dalla restaurazione e ristrutturazione dell’ex baglio vinicolo Anselmi;
b) sono stati rinvenuti in essa ed attorno alla stessa frammenti e pezzi di anfore, estesi anche cmq 5.000, forse antiche;
c) sono stati raccolti nello scafo e nelle sue vicinanze ciottoli di rocce che non costituiscono il territorio emerso dalla provincia di Trapani.
Essa giace di fronte all’imboccatura occidentale di uno dei due larghi canali “fretum” che segmentavano Isola Grande (Borrone, Altavilla e Fra’ Giovanni), e collegavano il mare Tirreno con lo Stagnone che per tale motivo sino forse alle soglie del 1800 era animato da un idrodinamismo che gli aveva permesso la nascita e l’esistenza dei “funni” di Alofaru, San Leonardo, Vaccari, ecc. e gli conferiva acque ossigenate e con salinità e temperature in qualunque periodo dell’anno non differenti da quelle del mare aperto.
Leonardo Nocitra qualche giorno prima della fine di agosto di quell’anno, nel corso di un’attenta prospezione archeologica, ha trovato nel fondo marino sabbioso adiacente allo scafo un chiodo lungo cm 12,5 dalla testa alla punta.
Esso pesava grammi 73 ed aveva un volume tra cmc 20-25, quindi un peso specifico tra 2,92 e 3,65. La testa era bombata (emisferica) ed alta cm 1,2 dall’inizio del gambo; la punta circolare e di diametro lungo mm 8. Essa era costituita da uno strato esterno di forma circolare dello spessore di mm 2,5 che delimitava una parte centrale o mediana, “anima” di forma quadrata di lato lungo mm 3 di colore azzurro scuro, mentre lo straterello che l’avvolge era di colore bruno nerastro e sporca di un colore scuro carbonioso. Lo straterello esterno era ruvido perché fatto da limi silicei cementati.
Si auspica che la nave affondata, già anni addietro studiata dal prof. Edoardo Riccardi, esperto di fama internazionale di relitti antichi e docente presso l’Università degli studi di Genova, il quale nel mese di settembre del 1988 ha scritto la relazione “un’antica imbarcazione da guerra vicino a Marsala” per il convegno “The Archeology of ships of war” svoltosi sul finire del mese di ottobre, venga opportunamente recuperata.
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