Negli studi antiquari siciliani era largamente diffusa la convinzione che la presenza di antichità non riferibili al mondo greco-romano fosse da ascrivere alla civiltà egizia. Tale lettura investì ad ampio raggio diverse località caratterizzate dalla cospicua presenza di materiale egiziano o egittizzante, che era assunta come prova di una presenza egizia in quel territorio. Era sorta, infatti, fra gli uomini di cultura dell’epoca una sorta di «corsa» all'origine egizia della propria città: il catanese Pietro Carrera, il trapanese Leonardo Orlandini e i due studiosi ericini Antonio Cordici e Vito Carvini furono alcuni di questi.
Nel XVII secolo era opinione pressoché comune fra gli eruditi ericini che il Monte fosse stato un tempo colonizzato dagli Egizi, convinzione che restò praticamente inalterata fino alla fine dell’Ottocento. V. Carvini e A. Cordici affermano che Cam, uno dei figli di Noè, dopo aver fondato in Egitto una città di nome Chemmin, si sarebbe ritirato nella Sicilia occidentale, dove avrebbe fondato sopra dei monti molte fortezze, una delle quali chiamò Camasena o Camesa, identificata dagli eruditi con Erice. A loro parere, le diverse evidenze archeologiche (monete, terrecotte, frammenti architettonici, epigrafi, amuleti, scarabei), che a quei tempi si rinvenivano quasi giornalmente in tutto il territorio, avrebbero comprovato tale ipotesi.
Per quanto concerne la documentazione numismatica, Antonio Cordici suddivide le monete da lui interpretate come egizie in «medaglie del tempo di Noè-Giano», «medaglie del tempo di Cerere/Iside» e «medaglie del tempo di Cam/Saturno».
La prima moneta è descritta dal Carvini come rappresentante al D/ Giano bifronte «con una colonna che si erige fra i due capi» e al rovescio una figura femminile stante, che tiene nella destra un serpente e nella sinistra uno scettro. Secondo l’autore la colonna rappresenterebbe, allegoricamente, una delle due colonne in cui gli Egizi incisero ogni segreto prima che il mondo fosse inabissato dalle acque del diluvio; la figura femminile è interpretata come la moglie di Giano, mentre il serpente simboleggerebbe la prudenza e la fecondità, di cui essa è portatrice.
Un’altra moneta presenta al D/ la medesima tipologia di Giano bifronte, e al R/ la lettera «A» delimitata da una ghirlanda di ulivo o di alloro. Scrive il Carvini: «Questa lettera A significa il buono Genio dell’Egitto e molto spesso solevano nei loro famosi obelischi intagliarla». L’autore spiega l’origine di questa «lettera sacra» dall’Ibis, l’uccello venerato in Egitto: «Essendo la parte inferiore dell’Egitto inondata dal mare il quale era ripieno di fango e sporcizie che si era trascinato con sé dai monti dell’Etiopia, era divenuto esso impraticabile e per l’abbondanza dei serpenti inabitabile...Osiride, Re del paese, cercò da molte parti numero di questa razza di uccelli e inondandone la regione questi uccisero de’ serpenti la copia». Osiride, dunque, notando che quest’uccello nel beccarsi le zampe formava proprio la lettera A, l’avrebbe inserita tra le sacre lettere.
Seguono poi alcune monete che i due eruditi descrivono come raffiguranti Iside/Cerere, figlia di Cam/Saturno, venerata a Erice come una delle maggiori dee. La prima di esse presenta al D/ la testa di Iside sormontata dal crescente lunare e al rovescio una corona recante all’interno «caratteri incomprensibili». I due eruditi ericini fanno menzione di un’altra moneta, raffigurante al D/ la luna piena e al R/ un vaso circondato da sette sfere. V. Carvini sostiene che la luna presente nella moneta rappresenti Iside «Genio dell’Egitto che nella luna figurarono perché diva la vollero»; il vaso circondato da sette globi, esprimerebbe secondo il Carvini la «Regione d’Egitto». Le sfere rappresenterebbero i globi celesti, poiché «nessuna nazione come l’Egitto si dilettò tanto nel sapere il numero e il moto dei cieli, la quantità e la qualità dei pianeti, e lo stesso Saturno, poscia Zoroastro appellato, fu dell’astrologia, astronomia e delle magie l’inventore». V. Carvini riporta nel suo manoscritto anche le opinioni di altri studiosi (Sebastiano Erizzo ed Enea Vico), secondo i quali le sfere denoterebbero invece il peso delle monete «la onde, quelle ove erano due palle due once dicevanle, quell’altre con quattro quadrunce». L’erudito ericino conclude la sua descrizione con l’affermazione che in tale moneta l’Egitto era rappresentato come un vaso in atto di ricevere la dea Iside assisa sui globi celesti.
La moneta che segue è interpretata dal Cordici e dal Carvini come rappresentante al D/ una testa di Cerere/Iside con il capo coronato da spighe e al rovescio un pegaso impennato. Il cavallo alato simboleggerebbe per Carvini «la fama» di cui la dea Iside godeva a Erice, essendo figlia di Cam e sorella di Venere. Altre due monete sono ritenute dal Cordici e dal Carvini come appartenenti a Iside: la prima presenterebbe al D/ la dea e al rovescio un grifone e «segni geroglifici»». «Il grifone animale scrive l’autore è simile al leone ma sulle ali e sulla faccia somiglia all’aquila sarà uno dei geroglifici egizi...». La seconda moneta presenterebbe al D/ l’effige di Iside, mentre al rovescio un milite in atto bellicoso e simbolo astrologico «da cui gli influssi scendono», che denota, secondo l’autore, come l’egizio Saturno, padre di Iside, fosse più di ogni altro esperto in questa scienza «fra gli egittij stimatissima». rappresentare
Seguono una serie di monete secondo i due eruditi ericini più recenti delle precedenti, raffiguranti Cam, «fondatore della colonia egizia in Erice», battute durante il periodo del suo governo. La prima, ritrovata nella parte costiera del monte, «si dichiara egittia afferma il Cordici - sia per le cifre e per le lettere che per la qualità». L’autore descrive la moneta come raffigurante un volto canuto al D/ e una palma al R/. Nel campo in basso sono impressi i caratteri V H C, che il Cordici interpreta come egizi: «la lettera di mezzo è la M dell’alfabeto egizio». V. Carvini sostiene che questa «moneta di terracotta» sia stata utilizzata ai tempi di Cam durante i primi anni di governo in Erice, quando ancora non erano stati inventati gli strumenti per battere quelle in metallo, «si come anco in Italia ne’ primi tempi di Saturno e di Giano si spesero le monete di cuoio». Il R/ continua, «lo adornavan di palma per additare che a Cham toccò quella parte cioè l’Africa, di cotali piante ferocissima, e per denotare che il dominio da lui preso in Sicilia, ove la regia Camasena fondò, era del pari delle piante adorno o meglio per darci ad intendere che gli egittij furono quelli che da’ loro paesi ne’ nostri terreni questa serie d’alberi trapiantarono».
L’autore, infine, sostiene che in Erice si conserva un’altra moneta simile, ma di forma quadra. La seconda medaglia descritta dal Carvini mostra al dritto Cam/Saturno e al rovescio un personaggio maschile con asta (?). Nel campo a d. due astri, a s. un animale (cane?). L’autore sostiene che siano tutti segni egizi, a partire dal cane, «per nume adorato dagli egittii». La terza moneta presenta al D/, secondo l'interpretazione di V. Carvini, Saturno/Cam e al rovescio una foglia di fico. A. Cordici spiega la presenza delle foglie di fico sulla monetazione con il fatto che gli Egizi, avendo così grande considerazione di questa pianta, furono i primi ad introdurla nel contado, assieme alla «giummarra» (palma nana). L’importanza della pianta di fico, inoltre, è confermata da un dato etimologico: l’erudito, infatti, è concorde con l’opinione del Maurolico e del Cartari, secondo i quali la voce «Sicane» deriverebbe dal greco SYCON, ossia «fico». Un esemplare in argento presenta al D/ la foglia di palma e al R/ la foglia di fico.
Infine, due monete presentano al R/ la foglia di fico, e al D/ dei simboli che il Cordici definisce «croci egizie», impresse come caratteri sacri dai primi coloni venuti in Erice come «di futura memoria nobili contrassegni».
La ricerca da parte degli eruditi locali di testimonianze egiziane che confermino in qualche modo quanto da loro postulato arrivando nella maggior parte dei casi ad asserzioni del tutto prive di qualsiasi fondamento reale investe anche monumenti di altra natura. Tuttavia, maggiore interesse riveste la descrizione delle monete forse perchè considerate i documenti più significativi per una caratterizzazione ufficiale arrivando nella maggior parte dei casi ad asserzioni del tutto prive di qualsiasi fondamento reale. La maggior parte di queste monete, infatti, fa parte di emissioni argentee e bronzee di città siceliote (Palermo, Lilibeo, Selinunte), dell'isola di Pantelleria e, infine, di Cartagine (è il caso del Decadramma in argento con testa di Kore al D/ e pegaso e legenda b'rzt al R/ del 266-241 a.C.)
Per approfondimenti si veda: Acquaro, E. - Manfredi, L.I. - Tusa Cutroni, A., Le monete puniche in Italia, Roma 1991; Calciati, R., Corpus Nummorum Siculorum. La monetazione di bronzo. The bronze coinage, I, Milano 1983; Carrera, P., Delle memorie historiche della città di Catania, I-II, Catania 1639; Carvini, V., Erice antica e moderna, sacra e profana, Biblioteca Comunale di Erice: m.s. 8-9, 1682; Cordici, A., La Istoria della Città del Monte Erice, oggi detta Monte San Giuliano, Biblioteca Comunale di Erice: m.s. 3, XVII secolo; Denaro, S. (ed.), I manoscritti della Biblioteca comunale “Vito Carvini” di Erice, Erice 2009; Gabrici, E., La monetazione del bronzo nella Sicilia antica, Palermo 1927; Mammina, Un ricordo del patrimonio numismatico conosciuto da Antonio Cordici 'ericino', in S. Denaro (ed.), Antonio Cordici. La Istoria della città del Monte Erice, Erice 2009, pp. 305-311; Manfredi, L.I., Repertorio epigrafico e numismatico delle leggende puniche (= Monete puniche, Monografia 6. Rep, Bollettino di Numismatica), Roma 1995; Martinez, M., L’Egitto negli studi siciliani del Seicento: Byrsa 1-2 (2007-2009), pp. 61-72; Orlandini, L., Trapani in una breve descritione, Palermo 1603; SNG München, Sylloge Nummorum Graecorum. Deutschland. Staatliche Münzsammlung München, 6.heft, Gebr. Mann Varlag, Berlin 1980.
(ed. 2012)