L'evidenza numismatica conferma l'esistenza di stretti rapporti tra le città di Segesta ed Erice.
I dati più interessanti giungono dall'esame delle emissioni frazionarie, una produzione destinata prevalentemente agli usi interni della polis, ma non per questo meno significativa.
Lo svolgimento della monetazione segestana ed ericina attraversa fasi diverse: dopo un'iniziale indipendenza dei due centri, il tipo del cane (elemento caratteristico delle emissioni monetali di Segesta) comincia a diffondersi anche sulle serie ericine, divenendo anche per questa città tratto iconografico costante. Tale dato dimostra come le emissioni ericine, in un primo tempo sorte indipendentemente da Segesta per rispondere a stimoli ed esigenze diverse, ad un certo punto subiscono l'influenza della più potente città elima. Ma non è tutto.
Nel suo studio sulla monetazione di Erice , Cutroni Tusa ha notato che i rapporti tra le serie di Segesta ed Erice diventano ancora più stretti nel V secolo, sino ad assumere particolari forme di emissione, definite dalla studiosa “comuni” e “parallele”. Precisando che con l'aggettivo “comuni” si intendono «le emissioni caratterizzate da tipologia unica ed etnici delle due città abbinati», mentre «il termine “parallele-alternate” si riferisce alle emissioni con tipologia unica ma con leggende distinte, coniate contemporaneamente e a periodi alterni», Cutroni Tusa distingue alcune serie “parallele” ma separate (cioè a tipologia unica, ma coniate separatamente e contemporaneamente dalle due città) da una serie definita “comune”, in quanto «contraddistinta dalla presenza del doppio etnico SEGESTA al dritto / ERYKINON oppure ERYKI al rovescio».
Contemporaneamente vengono registrate due serie “parallele” e “alternate” di emilitre, con una grande H sul rovescio che ne indica il valore, accompagnata dalla leggenda ERYK o, alternativamente, SEGE. Secondo Cutroni Tusa, queste emissioni alternate «dovevano assolvere al compito di favorire una circolazione comune ed indifferenziata al fine di facilitare la reciprocità degli scambi».
Dunque, la monetazione frazionaria segestana ed ericina nel V secolo, in particolare le emissioni comuni, indica una “alleanza” monetale che rimanda ad una trama di rapporti sottesa, in cui Segesta rappresentava comunque l'elemento dominante, come dimostra l'adozione dei tipi segestani sulle serie.
Gli accordi monetali tra le due città lasciano pensare non solo a vivaci scambi commerciali, ma ad interessi economici e politici comuni e ben più profondi. Perciò, secondo Consolo Langher, la monetazione di Segesta ed Erice nel V secolo «più che il sintomo di una alleanza potrebbe dunque essere più precisamente l'espressione della sympoliteia». In ogni caso, qualora sembri eccessivo postulare l'esistenza della sympoliteia solo sulla base delle emissioni comuni e in assenza di altri elementi caratterizzanti il fenomeno, come epigamia, leggi comuni, messa in comune delle rendite dei porti e dei mercati, non possiamo non concordare con Cutroni Tusa sul fatto che le emissioni frazionarie di questo periodo «esaltano una aggregazione culturale che si effettua all'ombra del tempio di una divinità mediterranea nella quale si riconoscono le etnie più varie». La studiosa conclude, infine, ribadendo la crescita e l'affermazione «di una doppia realtà, doppia ma complementare: quella politico-egemonica di cui è espressione massima Segesta; quella politico-religiosa-ideologica di cui è espressione Erice».
Accertata dunque la natura dei rapporti tra Erice e Segesta, resta ancora da chiarire se il koinon fosse limitato alle due città, ovvero comprendesse anche altri centri elimi.
In uno studio su Entella , Nenci insisteva sull'appartenenza della città al koinon elimo, come dimostrerebbero gli stretti rapporti con Segesta (in un decreto entellino viene concessa l'isopoliteia ai Segestani) e la comunanza della magistratura degli hieromnamones.
Un'ulteriore conferma di istituti comuni ci è offerta dal ritrovamento di tegole sacre con l'iscrizione epì Làkonos, rinvenute nel santuario entellino di Hestia, le quali rimanderebbero alle tegole di Monte Iato, «quasi che lo stesso magistrato presiedesse alla manutenzione dei santuari delle diverse città elime». In questo modo, verrebbe inclusa nel koinon anche Iaitas.
Nell'unico decreto ritrovato emesso dalla città di Nakone, si narra di controversie tra cittadini e dell'intervento di ambasciatori segestani: la richiesta di aiuto a Segesta potrebbe indicare, anche per Nakone, la partecipazione ad un sistema di alleanze che coinvolge le città elime, oltre che la preminenza di Segesta in tale sistema. Inoltre, la procedura della adelphothesia sembra attestare che «l'ethnos elimo aveva usanze peculiari fino alla vigilia della conquista romana».
Nonostante gli studi più recenti tendano ad abbassare la cronologia dei decreti di Entella e Nakone, collocandoli tra il 254 e il 241 a.C., rimane comunque valida l'analisi sui rapporti che intercorrevano tra le città citate nelle iscrizioni. Non è da escludere che le situazioni descritte possano riflettere un modo di procedere riferibile a periodi precedenti.
Lo stesso Nenci, commentando il ritrovamento dell'ultimo dei decreti da Entella, notava la mancata menzione della synghéneia tra Entella e Segesta nel IX decreto (=ENTELLA A3), una synghéneia che potremmo attenderci sulla base delle nostre conoscenze sulle comuni origini elime delle due città. Ebbene, questa omissione si inserisce perfettamente nel quadro offertoci dalla tradizione: Diodoro ci informa che nel 404 a.C. i mercenari campani «recatisi ad Entella, persuasero la popolazione ad accettarli come residenti, ma di notte assalirono e trucidarono gli uomini nel fiore degli anni, sposarono le vittime del loro tradimento e s'impossessarono della città».
Dunque, «alla fine del IV sec. a.C. questa peculiarità 'elima' di Entella sembra ormai scomparsa, almeno come fatto ideologico, e se di synghéneia ormai si parla, è di synghéneia fra città occupate dai mercenari campani, proprio quella synghéneia che Diodoro (16, 67, 1-4) indica come motivazione della decisione dei Campani della lontana Etna di inviare aiuti agli Entellini assediati da Dionigi nel 368 a.C.».
Sembra allora ovvio che gli Entellini (quelli dei decreti, cioè i nuovi cittadini, profondamente diversi da quelli del VI o V secolo a.C.) ricordino i Segestani, mettendone in luce non le comuni origini etniche, ma una generica 'benevolenza', peraltro sempre sottolineata in tutti i decreti.
La difficoltà sollevata dall'assenza del leit motiv della omoethnia viene meno: se alla fine del IV secolo a.C. (o nella metà del III) gli Entellini non percepiscono una comune origine con i Segestani, non vuol dire che essa non ci fu mai: le vicende storiche avevano operato grandi cambiamenti.
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