Una delle espressioni più interessanti della Sicilia romana è rappresentata dalle grandi ville tardo-romane (illuminante in tal senso è il celeberrimo edificio di Piazza Armerina) che appartengono alla fase avanzata della romanizzazione dell’isola. È noto che i Romani entrarono in Sicilia durante la seconda fase della guerra punica che, oltre a determinare la supremazia dell’Urbs sul Mediterraneo, segnò anche la nascita della prima provincia romana ovvero la Sicilia. L’isola era stata oggetto della colonizzazione greca che si attuò con la creazione di illustri città ma anche con la sistemazione dei territori circostanti a queste ultime. I Greci introdussero nell’isola le colture sistematiche di olio e di vino e di conseguenza gli edifici atti alla loro lavorazione che costituirono i prototipi delle successive ville romane. Questi edifici erano dotati di parte rustica (dove venivano lavorati i grappoli d’uva e le olive ) e di corte interna in cui si disponevano le stanze che ospitavano il padrone e la sua famiglia. Diodoro Siculo ci ha lasciato una minuziosa descrizione dell’agro agrigentino del V sec. a. C. dove distingue epaulis e agroikia. Il primo termine indica un’abitazione agricola architettonicamente evoluta e generalmente circondata da orti e giardini. L’altro sembra indicare una residenza di campagna forse priva di giardini ma decorata architettonicamente. Benché la chora agrigentina fosse lontana dalla costruzione che stiamo per prendere in considerazione, non è escluso che in Sicilia con la colonizzazione si apprestassero delle abitazioni campestri che si diffusero in tutta l’isola. Questo piccolo excursus a ritroso è utile per interpretare meglio la villa di contrada Mirabile di Mazara del Vallo. La costruzione, risalente al II sec. a. C., imita i modelli ellenistici (tetrapyrgos) ed è stata pubblicata da E. Fentress, D. Kennet, I. Valenti (a Sicilian Villa and its Landscape, in “Opus”).
L’edificio era costituito da un ingresso (thyroron) fiancheggiato a sinistra da una torre che ospitava probabilmente l’alloggio del portiere e dalle stalle a destra. Varcato l’ingresso, si collocava una corte porticata su tre lati; a nord-est di questa si apriva un ambiente (pastas) che immetteva nel gineceo articolato in cinque ambienti, dove si sono riconosciute: la stanza di soggiorno in cui le donne filavano, il thalamos (stanza nella quale dormivano i proprietari) e l’amphithalamos (stanza che introduceva al thalamos). A nord-ovest erano quattro vani a cui seguiva un altro ambiente di notevoli dimensioni (la parte destinata alla produzione?) e a nord era un'altra corte che non è stata scavata sistematicamente anche se è probabile che lì si disponessero gli ambienti servili e il giardino.
Questa costruzione sia per le sue parti costitutive sia per la sua collocazione rientra nella tipologia dell’epaulis descritto da Diodoro e trova raffronto con la villa trovata presso le alture segestane, con analoghi edifici rinvenuti nel retroterra geloo (Manfria, Milingiana, Contrada Priorato) e nella zona tra Noto e Acri (Contrada Aguglia). Tutti questi edifici, oltre a condividere la sistemazione delle strutture architettoniche, appartengono a uno stesso periodo storico che s’inquadra grosso modo tra la seconda metà del III sec. a.C. e il I sec. a.C. Interessante è inoltre la loro collocazione che prediligeva per lo più nodi stradali, mercati e punti strategici; quest’ultimo aspetto è facilmente spiegabile: la villa, oltre ad essere un’unità insediativa, è soprattutto un organismo economico. Da qui l’esigenza di una sistemazione presso le vie per la diffusione e il commercio dei prodotti agricoli. È noto come i Romani apprezzassero il vino provenente dalla Sicilia; ciò determinò un progressivo incremento della viticoltura a cui fecero capo queste ville tra le quali spicca quella di Contrada Mirabile.
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