Uno dei santuari più interessanti di Selinunte è sicuramente quello di Demetra Malophoros sito in contrada Gaggera; questo edificio assieme al tempio N e a quello M costituiscono una vera e propria cerniera tra la polis e la necropoli di Manicalunga. La collina occidentale, ove sorge questa monumentale struttura, ebbe destinazione sacra già a partire dalla fondazione della colonia ma, come mi è capitato già di affermare altrove, il sito in questione dovette rivestire un ruolo cruciale ancor prima dell'arrivo dei Greci. La zona infatti si trova allo sbocco del fiume Modione, che sappiamo esser navigabile, almeno in parte, in epoca greca, dove i selinuntini disposero uno dei due porti; inoltre posso affermare che i templi situati sulla collina occidentale ricevettero un utilizzo ancora in epoca punica (post 409 a.C.) e la loro attività si arrestò solo dopo la distruzione operata dai Romani nel 250 a.C. Altro dato che conferma la peculiarità della zona è l'architettura adoperata per la costruzione di questi santuari; infatti, a differenza degli edifici costruiti sull'acropoli e sulla collina orientale realizzati con strutture periptere e cella ripartita al centro dello spazio colonnato, questi sono realizzati “a casa”. Questa indagine preliminare mi suggerisce una visione articolata del sito, ossia propongo uno sfruttamento in senso sacro da parte della compagine indigena ancor prima dell'arrivo delle genti elleniche (anche se non ho documenti archeologici che possano confermare quanto appena scritto); sappiamo poi che già all'inizio del VII sec. a.C. si attestano contatti tra Greci e indigeni; questi rapporti sono dapprima di carattere commerciale e in tal senso la collina occidentale dovette ricevere un ruolo fondamentale. Infatti, essendo sita allo sbocco del Modione, non si esclude che quest'area avesse una funzione di carattere emporistico, diventando così il punto di irradiamento della cultura greca in quel luogo che sarebbe diventato poi Selinunte.
A sostegno di quanto affermato sinora è il culto di Demetra Malophoros. Questa pratica religiosa sembra essere l'ellenizzazione del culto della “Grande Madre” o “Grande Rhetra” che trovò larga espressione in tutto il Mediterraneo e che era legato alla fecondità del terreno e alla ciclicità dei raccolti.
Dopo aver tracciato il back-ground culturale che sta alla base della nascita e dello sviluppo del Santuario di Demetra Malophoros, passo ora in rassegna alcuni esempi del repertorio epigrafico del tempio, venuto alla luce nelle diverse campagne-scavo che si sono susseguite sin dalla fine dell'Ottocento.
Le prime due epigrafi che prendo in considerazione sono state scoperte rispettivamente nel 1874 e nel 1889. La prima è stata rinvenuta presso il propylon del santuario; si tratta di una base in tufo a forma di capitello e dotata di kyma. La parte superiore del blocco ospita un incavo per la disposizione di un'anthema. L'iscrizione, posta su uno strato di stucco, è molto danneggiata nella parte sinistra. La traduzione è la seguente: “ Alexeas figlio di Teonono tributò ad Ekate giuste offerte”. L'altra iscrizione, incisa su una base, fu scoperta nel 1889 e permise d'identificare la divinità principale cui era dedicato il santuario. L'incisione proviene dall'angolo sud del recinto di Ekate; la base parallelepipeda di tufo composta da più pezzi reca, sulla parte superiore, un incasso per un'anthema. La parte inferiore della base è inesistente. Sul blocco si legge “Teullo figlio di Purria dedicò alla Malophoros e recò un voto”. L'iscrizione in questione fu edita dapprima da Salinas, poi da Collitz-Bechtel.
Oltre ai due succitati documenti una grande messe di epigrafi proviene dall'adiacente recinto di Zeus Meilichios. Tra le altre menziono una stele alta 59 cm dotata nella parte superiore di iscrizione di cinque righe poste in maniera bustrofedica: “Sono l'offerta preminente di Eumenide figlio di Pediarco, in onore di Zeus Meilichios”. La traduzione è la seguente: “Archylis, Zilia, Sosistrato e chiunque altro sia per dire o per far cosa a loro vantaggio (sia maledetto). Poiché mossi giusta (causa) contro Selinò”.
Altra categoria di iscrizioni presenti nel Santuario della Malophoros sono le devotiones, ossia dediche agli dei. Si annovera in questo gruppo una lastra di piombo rettangolare incisa per sei righi con un'iscrizione e contiene una serie di nomi di persona seguiti da un'imprecazione. A partire dall'ultima parola del primo rigo i nomi sono scritti ciascuno da destra a sinistra. L'epigrafe si apre con una maledizione: “corvi divorate anche lui...”. Non sappiamo chi fosse il defisso (ossia il maledetto) principale; seguono poi i nomi e i patronimici. Si annovera ancora in questo gruppo una placchetta plumbea lunga 10 cm e larga 5 cm. Sulla superficie sono iscritti i nomi di otto persone. Interessante è notare come la parte bassa della placchetta sia stata più volte colpita con lo stesso oggetto con cui era stata scritta l'epigrafe; ciò dimostra che chi tracciò le lettere ebbe anche l'intenzione di colpire, con questo gesto, le persone indicate dal dedicante. Cito infine nel gruppo delle epigrafi rientranti nella categoria delle devotiones un'altra laminetta alta 112 mm di forma rettangolare e dotata di foro sull'orlo sinistro. L'iscrizione reca quindici nomi di persone che si erano consacrate alle divinità infere.
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