La nave punica di Marsala

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La nave punica di Marsala LilibeoScoperta a Punta Scario nell’arcipelago dello Stagnone nel 1970, la nave punica, ora custodita presso il Museo di Baglio Anselmi a Marsala, è stata a lungo considerata, secondo il giudizio dell’archeologa inglese Honor Frost che la riportò alla luce, una “liburna”, unico esemplare ritrovato delle navi cartaginesi da guerra affondate dai Romani nel 241 a.C. nello specchio di mare al largo delle Egadi dove fu combattuta l’omonima battaglia. La Frost, ancor prima di riportare a galla il natante, aveva già formulato l’auspicio che potesse trattarsi di una nave da guerra: se ne ha conferma in un articolo a sua firma apparso sulla rivista “Sicilia Archeologica” (n. 13, Trapani 1971) alla vigilia del ripescaggio. Opinione la sua della quale si impadronì presto la pubblicità locale che se ne avvalse e continua ad avvalersene a beneficio dell’informazione turistica, senza troppi approfondimenti scientifici, che pur sarebbe stato giusto compiere preliminarmente.
In questo studio del prof. Maurizio Vento, sulla base di documentate e puntuali argomentazioni, si dimostra invece che si è in presenza di una imbarcazione oneraria, assemblata in un cantiere del Lazio da operai punici su probabile commissione di armatori romani.
Il parere dell’autore è stato condiviso da Piero Bartoloni, Giuseppe Agosta, Carmela Angela Di Stefano e da altri autorevoli archeologi ed è comunque in manifesto contrasto con quanto sostenuto fino ad ieri dai precedenti ricercatori, che non hanno tenuto neanche in conto la forma stessa della nave strutturata con ogni evidenza per il carico delle merci. 
L’archeologa inglese, come abbiamo sopra accennato, aveva scritto nell’imminenza del recupero: “Ancora una volta non si può dire niente fin quando uno scavo sarà stato realizzato, eccetto che la scoperta di una nave da guerra antica è da un secolo il vecchio sogno degli archeologici navali. Nessun relitto di questo genere è stato mai scoperto, neppure ora che la immersione permette l’esplorazione dei relitti sul fondo”. Ma, sarebbe stato legittimo chiedersi, questo sogno si è poi davvero materializzato, oppure è stato il relitto ad assumere le sembianze del sogno che ne ha anticipato il recupero?



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