Il prof. Gianfranco Purpura e l’architetto Giuseppe Claudio Infranca rivendicano il merito di avere identificato, sul lato nord-ovest del promontorio di Pizzo Cofano, il probabile luogo in cui sorgeva l’antica Eraclea di Sicilia, nel comprensorio dell’attuale Comune di Custonaci, ipotesi che troverebbe peraltro conferma nelle indicazioni geografiche degli storici greci e nella tipologia dei cocci ceramici rinvenuti in situ. È la città fondata dallo spartano Dorieo, il cui tentativo di dedurre una colonia in un’area, che era stata prima sicana ed era allora elima e punica, non poteva non trovare strenua opposizione nelle popolazioni residenti, preoccupate di una presenza greca potenzialmente ostile e comunque concorrenziale dal punto di vista dei traffici e dei commerci. La vita di Eraclea fu perciò di effimera durata, appena trenta anni dal 510 al 480 circa a.C. Le notizie ci vengono fornite nel V libro delle sue Storie da Erodoto, che scriveva sull’argomento soltanto mezzo secolo dopo ed era perciò verosimilmente ben informato sul corso di tali vicende.
Dorieo, figlio del re spartano Anassandrida, si era candidato alla sua successione; alla morte del padre, il trono era però toccato al fratellastro Cleomene, maggiore per età ma sicuramente inferiore a Dorieo per senno e per meriti. Era stata dunque l’amarezza per la delusione subita a indurre il principe spartano a lasciare il Peloponneso e a trasferirsi in Sicilia. Quale discendente di Eracle (la sua famiglia vantava il mitico eroe come progenitore), egli si proponeva di rivendicare il possesso dei territori ericini.
Ma in Sicilia una coalizione di forze ostili elimo-puniche, determinata a impedire che il suo progetto avesse un esito positivo, lo affrontò in battaglia, nella quale lo stesso Dorieo trovò la morte. Poco tempo dopo, fu la stessa Eraclea ad essere distrutta, malgrado i Selinuntini si fossero mossi in suo soccorso; Eurileonte, unico superstite fra i maggiorenti spartani della spedizione, occupò Minoa, colonia di Selinunte, e in essa si trasferirono gli Spartani sopravvissuti al disastro. Da quel momento, questa città prese appunto il nome di Eraclea Minoa, le cui rovine sono oggi ricercata meta turistica in provincia di Agrigento.
Due Eraclee, quindi, di cui la prima attende di essere riportata alla luce, in una zona protetta dal decreto dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente n. 415 del 21/10/1985. Il luogo non è stato finora preso di mira dai clandestini e merita sicuramente di essere difeso da insediamenti abusivi, oggi fortunatamente pressoché irrilevanti per numero e dimensioni. La valorizzazione di quest’area archeologica rientra in modo prioritario nei programmi della amministrazione municipale.
Il litorale roccioso fra Bonagia e San Vito Lo Capo presenta aspetti panoramici davvero incantevoli, che costituiscono di per se stessi un elemento di straordinario richiamo per quanti, nella scelta delle vacanze, non intendono rinunciare al binomio turismo-cultura. Se la Soprintendenza deciderà di accogliere le sollecitazioni di quanti propongono l’avvio di una campagna di scavi, e se saranno reperiti i fondi necessari per sostenerne i costi, anche Custonaci avrà il suo fiore all’occhiello, e si potrà puntare ad un’operazione di alta valenza culturale con risvolti tutt’altro che trascurabili per l’economia della zona. Come opportunamente è solito sottolineare il prof. Vincenzo Tusa, ritenuto a buon diritto “padre dell’archeologia siciliana”, occorrerà preliminarmente adottare un progetto complessivo con la predisposizione di spazi idonei a conservare i materiali che dovranno essere non solo raccolti ma pure tempestivamente catalogati e pubblicati.
Schegge di ossidiana e selce, oltre ai sopra citati frammenti ceramici, sono sparse ovunque in superficie e testimoniano la vitalità che, sia pure nei ristretti limiti temporali della sua esistenza, aveva raggiunto la colonia siceliota nei rapporti con le comunità etniche limitrofe. Tra le emergenze archeologiche, ci sono la piattaforma di una cisterna, una scalinata intagliata nella roccia , un passaggio segreto sotterraneo, una porta angolare, la base di un’ara, un ampio sistema di terrazzamenti e terrapieni.
A pochi metri dalla battigia una torre spagnola, le cui possenti strutture reclamano un indifferibile intervento di consolidamento statico e di accurato restauro, completa la suggestione di un sito che ha avuto un ruolo non marginale nella storia della Sicilia antica.
L’altra Eraclea (l’appellativo di Minoa la distingue dalla prima e si riferisce alla leggenda della presenza di Minosse in Sicilia, la cui pretesa tomba sarebbe stata ritrovata dal tiranno di Agrigento Terone all’inizio del quinto secolo a.C.) è a metà strada fra Sciacca ed Agrigento, sulla riva sinistra del Platani, il vecchio Hálykos.
È possibile visitare i resti della cinta muraria con otto torri quadrangolari ben conservate, di alcuni edifici tra cui l’officina di un vasaio e, infine, dell’imponente teatro, scavato negli anni Cinquanta ma in precario stato di conservazione (i lavori di restauro sono in fase di completamento).
Le due Eraclee, con origini e storia in comune, potranno in futuro essere abbinate in un progetto di cooperazione turistica per un unico itinerario di straordinaria valenza e di sicuro impatto economico territoriale.
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