Il reperto in questione è il più grande tra quelli finora noti (larg. 0,597 m; h 0,23m; spess. 0,002m); nel 1981 è entrato a far parte della collezione del museo J. Paul Getty, la cui direzione, successivamente al restauro, ne ha riconosciuto la provenienza selinuntina e ha datato l'iscrizione al V sec. a.C. Nel 1992 è stata riconsegnata all'Italia.
L'Editio Princeps dell'epigrafe è stata curata da M.H. Jameson, D.R. Jordan e Roy D. Kotansky (A lex sacra from Selinous, Duke university- Durham, North Carolina 1993).
Il testo è inciso su linee di guida in due colonne (A e B), capovolte l'una rispetto all'altra e separate da una barretta bronzea che doveva servire a fissare l'epigrafe su un supporto probabilmente ligneo. Tale sistemazione dell'iscrizione fa dedurre che colui che doveva compiere il rituale aveva la necessità di leggere entrambe le colonne.
La provenienza selinuntina può ritenersi certa, se si tiene conto dell'alfabeto, del dialetto e di alcuni elementi del contenuto, come i sacrifici a Zeus Meilichios (già attestati nella colonia megarese da alcune iscrizioni provenienti dal santuario della collina della Gaggera) e l'antroponimo muscos che si presenta in un epitaffio proveniente dalla necropoli di Galera-Bagliazzo datato alla fine del VII sec. a.C.
Nella colonna A un'autorità, non sappiamo se civile o religiosa, prescrive a gruppi (le patriai) le norme relative ad alcuni rituali che debbono essere compiuti prima della festa dei Kotuttia e prima della tregua per l'olimpiade. I rituali elencati nell'iscrizione sono rivolti a Zeus Eumenes e alle Eumenidi, a Zeus Meilichios di Myskos, ai Tritopatores impuri e poi puri e ancora al Meilichios di Euthydamos.
A Zeus Eumenes e alle Eumenidi così pure come al Meilichios di Myskos si deve offrire in sacrificio una pecora. In onore dei Tritopatores impuri occorre versare del vino attraverso il tetto di una costruzione non meglio identificata e si deve bruciare una parte delle vittime sacrificali; ai Tritopatores puri è consuetudine sacrificare una pecora, versare una bevanda a base di miele ed infine si deve predisporre tutto ciò che occorre per ospitare la divinità (theoxenia): una tavola e un letto su cui devono essere stesi una coperta e dei serti di ulivo e ancora una bevanda a base di miele, focacce e carni; da questi alimenti si deve prelevare, a titolo di primizia, una parte che va bruciata. Al Meilichios va sacrificato un montone.
Le ultime linee della colonna A recano le disposizioni relative ai sacrifici che devono essere compiuti nel secondo e nel terzo anno dall'inizio dei rituali di purificazione.
Per i greci la fonte principale di contaminazione era la morte. Stando a quanto sta scritto sulla colonna A sembra che i riti prescritti possano essere riferibili a tale evento. Tuttavia si tratterebbe di una morte straordinaria, quella che richiede tutti questi precetti finora contemplati come l'omicidio all'interno di un gruppo o in luogo sacro o qualche altro sacrilegio avvenuto nel corso di una guerra civile.
Nella colonna B vengono descritti altri riti di purificazione che debbono essere eseguiti da singoli individui. Nelle prime righe si leggono i riti di espiazione che deve compiere chi ha commesso un omicidio al fine di liberarsi dagli elasteroi (spiriti vendicativi). La procedura richiede l'accoglienza dell'elasteros al quale vengono offerti acqua, cibo, sale e il sacrificio di un porcellino a Zeus. Compiuto il rituale, l'individuo purificato,dopo un periodo d'isolamento, torna alla vita normale. Nella parte finale della colonna B si legge che, dopo il sacrificio di una vittima adulta su un altare pubblico, coloro che cercano la purificazione possono ritenersi puri e dopo aver segnato un limite col sale e avendo fatto aspersione da un vaso d'oro possono andar via. Si aggiunge, infine, che tutte le volte che si effettueranno dei sacrifici agli elasteroi si dovranno rispettare le norme fissate per i sacrifici agli dei immortali ma che la vittima dovrà essere sgozzata in modo che il sangue scorra dentro la terra.
L'epigrafe, secondo me, offre degli spunti per alcune osservazioni. Intanto non sappiamo da quale parte della città provenga; tuttavia il contenuto sacro fa presupporre che questa fosse posta all'interno di un santuario, secondo me quello di Zeus Meilichios, posto sulla collina occidentale e questa mia opinione sembra essere avvalorata dalla menzione del culto della suddetta divinità nell'epigrafe.
Il santuario, databile nel VI sec. a.C., appartiene al gruppo dei templi occidentali ed era costituito da un recinto quadrangolare delimitato a sud e a nord da portici. All'interno dello spazio sacro erano due altari e un tempietto prostilo distilo con pronao e naos costruito su uno stilobate di due gradini. All'interno del recinto sono stati trovati resti di sacrifici: si tratta perlopiù di ossa calcinate di capre, montoni, maiali e galline. È evidente l'affinità tra questi ritrovamenti archeologici e i sacrifici descritti nella lamina plumbea. Altra considerazione che m'induce a sostenere il fatto che la lamina provenga da questo santuario è il connotato funerario dato a Zeus. È noto che a Selinunte la divinità in questione aveva duplice valenza e come divinità olimpica e come divinità infera; quest'ultimo aspetto si legava probabilmente a un culto di matrice indigena preesistente nella zona e assunto successivamente dai selinuntini. I coloni disposero due distinte aree sacre nella città e, rispettivamente, i culti olimpici trovarono posto sull'acropoli e sulla collina orientale, mentre i culti legati all'oltretomba si collocarono sulla collina occidentale vicino a una delle necropoli della città (quella di Manicalunga).
Nella lamina plumbea Zeus Meilichios è associato al termine Muskos che viene interpretato generalmente come antroponimo; tuttavia l'etimologia di questa parola è un diminutivo di “Mus” che significa topo; è noto che secondo la tradizione greca i topi dimorassero sottoterra e quindi il vocabolo potrebbe essere stato usato nella lamina come un sostantivo che connotava ulteriormente la valenza funeraria di Zeus.
L'ultima considerazione riguarda la datazione della lamina; essa è riferibile al V sec. a.C. In quel periodo la città di Selinunte, successivamente alla disfatta punica nella battaglia di Imera 480 a.C., dovette accrescere il peso politico del partito popolare contro l'oligarchia terriera e mercantile. Il nuovo assetto politico della città non escluse la nascita di scontri civili forse gli stessi a cui fa riferimento la lamina.
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