Fra i tre centri fenici della Sicilia antica (Palermo, Solunto e Mozia), è proprio Mozia, odierna isola di San Pantaleo a pochi chilometri da Marsala, la località su cui nella zona converge in via preferenziale l’attenzione dei turisti. Raggiungibile dall’imbarcadero lungo la strada costiera, con molteplici servizi di collegamento giornaliero, Mozia (VIII secolo a.C.) conserva pressoché immutate le vestigia del suo glorioso passato. Soltanto una trascurabile percentuale del suo territorio è stata tuttavia oggetto delle campagne di scavo; circa l’ottanta per cento della sua superficie nasconde ancora i propri tesori archeologici. Emporium di prima grandezza negli scambi commerciali, rivestì un non trascurabile ruolo politico e mantenne sempre una consistente forza militare, fino a quando nel 397 a.C. venne rasa al suolo dalle truppe del tiranno greco di Siracusa Dionisio I il Vecchio. La Casa dei Mosaici, la Casermetta, la Porta Sud, il Cothon (bacino artificiale di carenaggio scavato negli anni Cinquanta dal celebre archeologo inglese B. J. Isserlin), il Tophet (area sacra dedicata al dio Baal Hammon, in cui aveva luogo il sacrificio dei figli primogeniti), la Porta Nord: sono queste alcune delle strutture riesumate dalla notte dei tempi. Tra i manufatti la splendida statua del Giovane in tunica, custodita nel Museo Whitaker, le cui sale espositive sono state di recente riordinate da Maria Luisa Famà e da Pamela Toti. Una sala accoglie, oltre ai vasi di terracotta con le ossa combuste dei bambini immolati, anche alcune delle oltre mille stele emerse dal Tophet, nelle quali sono raffigurati emblemi della religione e dell’arte fenicia. La popolazione di Mozia, dopo la devastazione della città, si riversò nella terraferma, dando luogo alla fondazione di Lilibeo, l’odierna Marsala, che nel Museo di Baglio Anselmi conserva tra l’altro in ambiente perfettamente climatizzato la Nave Punica, riportata in superficie nel 1970 dall’archeologa Honor Frost dell’Università di Londra. Innumerevoli i reperti punici delle ricche necropoli lilibetane, raccolti in eleganti teche. Le fortificazioni di Lilibeo, come ha dimostrato nei suoi studi il grande archeologo marsalese prof. Giuseppe Agosta, avevano reso imprendibile la città punica, novella Cartagine europea di fronte al mar d’Africa. Di tali strutture (fossato, mura e torri) continuano a venire alla luce rilevanti testimonianze. Trapani, già porto degli Elimi, divenne sotto l’influsso di Lilibeo poderoso avamposto punico e partecipò attivamente alla guerra contro i Romani fornendo un concreto contributo alla difesa strategica dei Cartaginesi. Rimontano a quella fase storica il Castello della Colombaia, più volte successivamente ricostruito, e le stele della Strada Fenicia di Custonaci che il prof. Gioacchino Falsone, noto fenicista della Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo, ritiene siano “uniche al mondo” per la loro particolare e rara tipologia.
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