Siracusa, che secondo la narrazione di Tucidide sarebbe stata fondata nel 734-3 a.C. dal corinzio Archia, ha conservato, oltre agli splendidi edifici di età medievale, incomparabili resti dell’antichità classica: il castello Eurialo, le Latomie, immense cave di pietra con la famosa grotta dell’Orecchio di Dionisio, la fonte Aretusa (nell’isoletta di Ortigia) e l’anfiteatro di età romana.
Di straordinario interesse, perché testimonianza dell’attività teatrale che, nel corso di molti secoli, si svolse a Siracusa, è il teatro greco, ricavato dal pendio meridionale del colle Temenite. A questo glorioso monumento sono legati i nomi di molti commediografi e tragediografi del passato, come ad esempio quello di Epicarmo, inventore della commedia, di Formide, del poeta tragico Frinico e di Eschilo. Nel 476 a.C., infatti, proprio qui venne rappresentata la tragedia, intitolata Etnee, scritta da Eschilo per celebrare la fondazione della città di Etna da parte di Ierone I.
Il monumento siracusano, oltre che per i ricordi che suscita nel campo dell’arte teatrale, è altamente suggestivo anche per una sua singolare caratteristica architettonica; esso è tutto tagliato nella roccia, tranne gli ordini di sedili più alti. Quello che oggi vediamo è il il teatro edificato al tempo di Gerone II e che poi fu modificato dagli adattamenti apportati in età romana.
La cavea comprendeva in origine 67 gradoni, divisi in nove cunei da otto scale, ed era suddivisa da una precinzione (diázoma) in due settori. Nella parete superiore del diázoma, vi è in alto una cornice, sulla quale, in corrispondenza di ognuno dei cunei, sono incisi in lettere greche i nomi di divinità e di personaggi politici del tempo. La scena subì la quasi totale distruzione nel sec. XVI; dai resti si può ricostruire solo la scena romana d’età flavia, caratterizzata da un largo impianto architettonico e dotata di decorazioni in marmi.
La cavea del teatro è dominata da una terrazza rettangolare, pure essa intagliata nella viva roccia del Temenite. Nell’alta parete di questa terrazza sono scavate numerose nicchiette rettangolari, ex-voto relativi al culto degli Eroi. Al centro della parete, in asse con il teatro, si apre una vasta nicchia, a grotta artificiale, il “Mouseion”, un tempo con prospetto architettonico inciso nella roccia ma, oggi, in stato di corrosione.
Secondo alcuni studiosi il teatro, come abbiamo già accennato, sarebbe sorto sotto il regno di Ierone II; secondo altri, invece, si potrebbe far risalire ad una fase arcaica anteriore. La presenza di Eschilo a Siracusa avrebbe segnato un periodo decisivo per la sua costruzione: a quel tempo, esso fu completamente scavato nella roccia ed aveva sedili rettilinei disposti in modo da formare un trapezio.
Fu durante il regno di Gerone II (269-215 / 214 a.C.) che vennero conferite al monumento le grandiose dimensioni attuali e venne sistemata sopra di esso la terrazza con i due portici che la limitano ad angolo retto. La frontescena dell’edificio fu dotata di una facciata monumentale con decorazioni scultoree.
In età imperiale, furono introdotte importanti modifiche che miravano a conferirgli le caratteristiche del teatro romano e, in un secondo tempo, per adattarlo a spettacoli circensi. In epoca antoniniana, l’edificio scenico fu ingrandito e la fronte della scena fu realizzata secondo il gusto di monumentalità del tempo. L’orchestra venne dotata di una pavimentazione di lastre marmoree; dello stesso materiale fu rivestita l’area che si ottenne riabbassando i primi 12 ordini di sedili. Abbandonato per molti secoli, dal 1526 fu “utilizzato” dagli Spagnoli di Carlo V che traevano da esso il materiale per erigere le fortificazioni intorno ad Ortigia. Ulteriori danni vennero provocati dai mulini installati nel cavea nel corso del secolo XVI.
Oggi, il perenne ricordo di un’antica forma artistica, come quella teatrale, è alimentato dall’attività dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. La rappresentazione della tragedia Agamennone di Eschilo, avvenuta il 16 aprile 1914, di cui il grecista e poeta Ettore Romagnoli compose anche le musiche per i cori, inaugurò una lunga serie di spettacoli che da quell’anno si sono susseguiti sulle scene del teatro.
In seguito ad una prima interruzione imposta dalla guerra, il teatro fu riaperto agli spettacoli nel 1921 con la rappresentazione delle Coefore di Eschilo, per la quale sempre Romagnoli curò la traduzione e le musiche. Nel 1922 fu la volta delle Baccanti di Euripide e dell’Edipo Re di Sofocle e così via, ogni tre anni, fino al 1939. Dopo un secondo doloroso silenzio, l’attività venne ripresa nel 1948, anno in cui fu rappresentata l’intera trilogia di Eschilo (Agamennone, Coefore, Eumenidi). Da quel momento le rappresentazioni continuarono con ritmo biennale. Nel corso della sua prestigiosa storia, diverse sono state le iniziative curate dall’I.N.D.A, fra cui ricordiamo i Congressi biennali di studio, i seminari, i dibattiti, la Scuola di teatro classico “Giusto Monaco” e la rivista di studi sul teatro antico, “Dioniso”, pubblicata fin dal 1931: essa accoglie la collaborazione dei più illustri studiosi di teatro.
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