La città di Megara Iblea abbracciava uno stretto lembo di territorio confinante ad occidente con le popolazioni sicule, con cui la colonia mantenne buoni rapporti; di contro essa era stretta a nord e a sud rispettivamente dalle colonie calcidesi e da Siracusa; con queste la città ebbe frequenti conflitti e, per porvi termine e contener la tensione ad essi connessa, fu dato luogo alla edificazione nella Sicilia occidentale della polis di Selinunte.
La nuova città ellenica fu fondata nel 650 a.C da coloni provenienti dalla madre patria e dai megaresi di Sicilia sotto la guida di Pammilo; il sito prescelto si pose sulla cuspide occidentale dell'isola a confine con le compagini puniche ed elime stanziate da tempo in quell'area. Selinunte sorse su tre rilievi prospicienti al mare, articolati dal corso del Selinos ad ovest e dal Cotone ad est. L'occupazione territoriale si dispose secondo le dorsali di natura calcarea, rispettivamente l'acropoli ed il pianoro di Manuzza.
Sin dal primo insediamento dei coloni le due colline furono entrambe occupate, non si tratta di uno stanziamento esteso e sistematico bensì di nuclei sparsi, posti secondo gli assi naturali peraltro divergenti fra di loro; all'incontro di questi due orientamenti, secondo la Rallo e, per la precisione, sul versante sud-orientale di Manuzza, si articolò una necropoli ad incinerazione, da cui provengono materiali della prima metà del VII secolo a.C ed utilizzata dagli abitanti di entrambe le colline, ma tale ipotesi si è rivelata falsa.
L'abitato si rinnovò agli inizi del VI secolo a.C. con una trama urbana articolata in rettangoli, sia sul pianoro dell'acropoli che sulla collina di Manuzza; nella prima area si sono distinte dodici fasce abitative di 35 metri di larghezza articolate secondo l'orientamento est-ovest e poste tra i due porti. La spina dorsale dell'intero impianto era una grande plateia posta secondo la direttiva nord-sud, larga 8 metri.
A questo impianto si aggiungono altre cinque fasce insediative poste presso il Cotone ed individuate da Mertenz.
La collina di Manuzza ricevette un impianto articolato secondo gli assi naturali nord-est sud-ovest, anche qui si dispose una via principale che raccordò l'intero abitato, la cosiddetta " Plateia O" larga 8,50 metri; questa venne rialzata ed ingrandita verso la metà del VI secolo a.C , con il conseguente arretramento di alcune abitazioni; alla convergenza dei due sistemi si dispose l'agorà.
Dopo la sommaria descrizione dell'impianto della città, passiamo ora ad analizzare la disposizione delle necropoli. Tre sono a Selinunte le aree destinate alla sepoltura e tutte collocate fuori della città:
il sepolcreto di contrada "Buffa" a settentrione della collina orientale è stato scavato negli anni Sessanta dalla fondazione “Mormino” in seguito al saccheggio dei clandestini; esso è collocabile tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. ed è caratterizzato da una grande fossa triangolare da cui provengono terrecotte votive e vasi;
il sepolcreto della contrada "Galera- Bagliazzo", sita a nord-est e distante 250 metri della collina orientale, di cui ci occuperemo nello specifico;
il sepolcreto di "Manicalunga" ad ovest della collina della Gaggera, scoperto da Cavallari nell'ottocento. Gli scavi in quest’area furono ripresi ad opera della soprintendenza e pubblicati da Tusa. La necropoli è la più estesa di Selinunte e conserva sepolture di VI e V secolo a.C.; la tipologia di deposizione qui affermata è quella ad inumazione ( 85% secondo Tusa); sembra che alcune di queste sepolture riutilizzassero tombe a "fornetto", riferibili al 1400 a.C. (tra la fase finale del rame e la fase iniziale del bronzo). Le tipologie delle tombe erano varie: le più comuni si presentano a fossa semplice o sono costituite di lastroni; compaiono talora anche dei sarcofagi in terracotta. I rinvenimenti riferibili a quest'area constano tra gli altri anche di esempi di ceramica a vernice nera e a vernice rossa di provenienza attica.
La necropoli di Galera-Bagliazzo, che è l'oggetto della nostra indagine, fu individuata per la prima volta nel XVI secolo da Tommaso Fazello; era collegata a Manuzza da una larga strada.
Il sepolcreto occupava un'area di 4500 mq compresa tra il baglio "Galera" e quella di "Bagliazzo", sita nord-est della collina orientale. Le sepolture si dispongono sulla sommità dell'altura e sulle pendici, la valletta sottostante ne rimane esclusa poiché le tombe potevano esser soggette ad infiltrazioni d'acqua.
Le deposizioni sono del tipo ad inumazionne dentro tombe scavate nel tufo o tramite fosse rivestite e coperte da lastre tufacee. Molte tombe presentano doppio fondo ed anche due loculi, altre ancora sono a camera piramidale incavata. I primi scavi sono stati effettuati negli anni Sessanta dalla soprintendenza e ripresi nel 1997 sotto la direzione della dott.ssa Scovazzo. L'indagine ha interessato la parte sommitale della collina; nell'area antistante al baglio " Bagliazzo" si sono evidenziate alcune tombe La zona aspetta ancora un' indagine sistematica. Le tombe indagate risultano violate più volte.
Alcune lastre pertinenti a queste sepolture hanno trovato impiego nelle abitazioni circostanti come materiale da costruzione; infatti una di queste è stata riadoperata nelle case "Agoglitta", il lastrone che oggi è stato asportato ed è visibile nella "casa del viaggiatore" all'interno del parco archeologico (del quale si è occupata la professoressa A. Brugnone) reca la scritta " Sarcos". Quello di disporre iscrizioni sulla faccia inferiore dei lastroni di copertura è un fenomeno usuale a Selinunte, si tratta in genere del nome del defunto a cui si associa talora il patronimico. Le aree interessate dallo scavo sono sei. Il primo settore reca un loculo doppio rivestito da lastroni, ed uno singolo scavato in un unico blocco di tufo. Nell’area sono stati rinvenuti anche alcuni elementi architettonici: un rocco ed una colonna segata in due. Il secondo presenta un loculo doppio rivestito a lastroni articolato in una sepoltura più grande di 107 cm di larghezza, a cui se ne associa un'altra di dimensioni più piccole larga 94 cm. I lati lunghi sono realizzati con tre lastre adiacenti, quelli corti con una sola; il loculo è profondo 82 cm. Il terzo è articolato in due loculi di cui uno monolitico lungo 2 m, largo 70 cm e profondo 50 cm. Il quarto presenta due tombe di cui una monolitica. Il quinto è quello più grande ed ha rivelato ancora tombe costituite a lastre ed altre monolitiche di cui una lunga 1 m e 22 cm, larga 39 cm, e profonda 31 cm. In quest'area inoltre è venuta alla luce una tomba a cassone che presenta due mortai affrontati: gli studiosi hanno ipotizzato che questa potesse ospitare la sepoltura di un bambino deceduto in tenera età.
Le tombe a fossa rivestite da lastre sono realizzate con placche di dimensioni diverse, sono variabili anche le dimensioni dei loculi coperti in genere o da un'unica pietra o da più lastre associate. Le sepolture non sono disposte secondo precisi orientamenti, ma si accostano le une alle altre senza una direttrice univoca. L'istituto tedesco ha ipotizzato che l'area abitativa si estendesse fino alla contrada Galera-Bagliazzo; quindi, se tale ipotesi risultasse veritiera, la necropoli in questione si potrebbe collocare subito fuori le mura della città.
Il sepolcreto in questione ha restituito vasi di tipo proto-corinzio e ceramiche di tipo sub-geometrico e lineare; da quest'area sembra provenire un singolare corredo funebre della metà del VI secolo a.C., costituito di anellini policromi e pendagli a forma di conchiglia ascrivibili, secondo alcuni studiosi, al mondo egizio nonché il famoso efebo bronzeo di stile severo ( 480-470 a.C).
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