La leggenda del Crimiso

di Ignazio Concordia
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Fra mito e leggenda il fiume elimo Crimiso a SegestaIl culto delle divinità fluviali faceva parte, in tutto il bacino del Mediterraneo, del più ampio culto delle acque, l'elemento considerato, e non a torto, principio di vita, ed associato alla idea della fecondità e della nascita.
Tutti conosciamo la divinizzazione del Nilo nell'antico Egitto, ma anche in Sicilia i fiumi, piccoli e grandi, dall'Anapo all'Imera, dal Ciane all'Aci, erano oggetto di venerazione e raffigurati sotto l'aspetto umano: ciò risulta, in particolare, da una testimonianza di Claudio Eliano, filosofo ed erudito del II sec d.C., il quale scrisse espressamente che « in Sicilia i Siracusani rappresentano l'Anapo in figura di uomo, mentre onorano la fonte Ciane sotto l'aspetto di donna. I Segestani onorano il Pòrpax, il Crimiso e il Telmesso in forma umana » (V.H. 2, 33). Perciò nei tetradrammi di Segesta la figura del giovane ritratto con le tipiche corna fluviali sulla fronte è stata identificata con il Crimiso (cfr. Enciclopedia Virgiliana, s.v.). Con queste premesse non è difficile supporre che la fantasia popolare abbia inventato storie d'amore che hanno per protagonisti fiumi e ninfe: Alfeo ed Aretusa, la famosa fonte siracusana, ne è un tipico esempio, ma analoga storia (fatte le dovute differenze) può essere riferita alla coppia Crimiso - Egesta (o Segesta).
Virgilio (Aen., V, 38), rifacendosi ad una tradizione precedente, che si trova attestata nell'Alessandra di Licofrone (III sec. a. C.), vv. 961-963 «una di esse (Egesta, figlia del nobile Troiano di nome Fenodamante) il fiume Crimiso, apparso come un cane, aggiogò nel letto, ed essa al demone ferino genera un nobile cagnolino, colono e fondatore di tre centri », e ripresa da Igino (Fabula 273), fa di Egesta una fanciulla troiana (aggiungendo così un altro elemento di connessione col mito di Enea).
Dionisio d'Alicarnasso, invece, testimonia una variante in cui Egesto è figlio di Egesta e di un nobile troiano: «Giunti in Sicilia, o per la loro spontanea decisione di approdarvi, oppure perché costrettivi da venti contrari che sono frequenti in quel mare, sbarcarono nei pressi di Drepano. Qui s'imbatterono in coloro che, guidati da Elimo ed Egesto, erano partiti prima da Troia, i quali, grazie alla buona sorte e ai venti favorevoli e al tempo stesso non essendo appesantiti da molti bagagli, erano in breve tempo sbarcati in Sicilia e si erano stabiliti lungo il fiume chiamato Crimiso, nella terra dei Sicani, dai quali avevano ottenuto amichevolmente il terreno per lo stanziamento grazie al legame di parentela con Egesto, nato ed allevato in Sicilia in seguito a questi avvenimenti. Uno dei suoi antenati, un troiano di nobile stirpe, divenne nemico del re Laomedonte, il quale, imprigionatolo con qualche pretesto, lo mise a morte assieme a tutta la discendenza di sesso maschile, per timore di una loro vendetta. Quanto alle figlie, che erano ancora fanciulle, ritenne che non fosse decoroso ucciderle, ma, poiché era pericoloso farle sposare con dei Troiani, le diede a dei mercanti con l'ordine di condurle il più lontano possibile. Si unì a loro nella navigazione un giovinetto di nobile stirpe, innamorato di una di esse, il quale la sposò appena sbarcata in Sicilia. Mentre vivevano tra i Siculi, nacque loro un figlio di nome Egesto, che apprese i costumi e la lingua degli indigeni. Quando gli morirono i genitori, essendo re di Troia Priamo, ottenne di poter rientrare in patria, dove sostenne la guerra contro gli Achei. Conquistata la città, navigò di nuovo verso la Sicilia assieme ad Elimo, fuggendo su quelle tre navi con cui Achille aveva saccheggiato le città della Troade e che aveva perso quando era incappato in scogli subacquei. Incontratosi dunque con questi uomini, Enea dimostrò loro la sua amicizia col fondare per essi le città di Egesta e di Elima».
Segesta - Il CrimisoIn questo modo il mito risulta assorbito definitivamente ed integralmente nella leggenda troiana e arricchito di altri particolari di cui il grammatico Servio, antico commentatore di Virgilio, si rende solerte testimone (Commento all'Eneide, I, 550): « Avendo Laomedonte negato ad Apollo e Nettuno la mercede pattuita per la costruzione delle mura , Nettuno, adiratosi, mandò a Troia un mostro marino perché la devastasse. Essendo stato consultato Apollo, che era anche lui adirato , diede un responso nefasto, dicendo che bisognava offrire alla belva le fanciulle nobili. Un nobile, Ippote , temendo che ciò accadesse per la figlia Egesta, dal momento che Esione, figlia del re Laomedonte, era già stata legata in seguito allo scoppio di una ribellione , la collocò su di una nave e l'abbandonò alla sorte. Costei, trasportata in Sicilia, sedotta dal fiume Crimisso, che Virgilio per licenza poetica chiama Criniso, sotto l'aspetto di orso o di cane , generò Aceste, che dal nome della madre fondò per i Troiani la città che oggi si chiama Segesta».
Sull'origine del mito il Giustolisi, che ha effettuato un'esplorazione archeologica delle acque segestane nella zona di Ponte Bagni, tra Castellammare del Golfo e Calatafimi, così scrive: «La natura vulcanica del luogo, in realtà, deve avere influenzato la sensibilità mitico-religiosa dei primi abitatori della zona. È qui, quasi sicuramente, che fiorisce il mito delle nozze divine del fiume Crimiso (= fiume Caldo) con la ninfa Egesta, mito che deve avere preso spunto da un fenomeno naturale [...] dal gorgogliare di una sorgente - la prima a sud - nell'alveo stesso del fiume. Da ciò intuiamo la matrice greca del mito, che tuttavia, è indubbio, tramanda credenze più antiche, mediterranee, le quali traspaiono sempre nella leggenda greca delle tre figlie di Fenodamante, le tre ninfe sorelle delle quali è ricordata solo Egesta (come delle ninfe delle terme di Imera è ricordata solo Imera) e che interpretano l'aspetto fecondo della triplice dea Luna, la fonte di tutte le acque. Tre dei nomi rimasti alle sorgenti di Ponte Bagni ("delle femmine", "della regina", "gorgo") non è escluso infine che si allaccino al fondo mitico del luogo di culto, in cui doveva certamente celebrarsi la fertilità che, nella mentalità religiosa antica, era anche promessa di rinascita nell'oltretomba» (Parthenicum e le aquae segestanae, Palermo, 1976, pp. 62-63).
Tali pertinenti considerazioni ci trovano pienamente d'accordo, anche perché un'origine cultuale simile a questa prospettata dal Giustolisi si riscontra, a mio avviso, sull'altro versante dell'isola, nella zona dell'Etna, e precisamente presso i cosiddetti crateri dei fratelli Palici, ove un fenomeno naturale analogo, anch'esso di tipo vulcanico, diede pure vita ad un antichissimo culto indigeno e ad un famoso santuario: l'emissione di gas anidride carbonica (tuttora sfruttata a scopo industriale da uno stabilimento fatto sorgere sconsideratamente proprio sul posto) dal fondo dei crateri, provocava un gorgoglio delle acque, testimoniato non solo dagli autori classici quali Diodoro e Macrobio, ma anche dal Fazello che lo vide di persona e lo descrisse nella sua opera, simile a quello che la sorgente, precedentemente citata dal Giustolisi, produce nel letto del fiume Crimiso. È evidente la somiglianza tra i due fenomeni, da cui ha tratto origine, a mio parere, tanto il mito del dio fluviale Crimiso, quanto quello dei fratelli Palici che nella versione più antica, pre-greca del mito, sono figli del dio indigeno Adrano e della ninfa Etna.
Per quanto concerne invece la grafia e la pronunzia del nome Crimiso, le fonti antiche si rivelano incerte: nel geografo latino Vibius Sequester (Fiumi, 45) si legge Crinisos; in Virgilio (Aen., V, 38) abbiamo Criniso, forma che Servio (vedi supra) considera una licenza poetica per Crimissus. Cornelio Nepote, biografo del I sec.a.C., scrive apud Crinissum flumen (Tim., 2, 4); in Plutarco (Tim., passim) ricorre la forma Krímisos ovvero Krímesos; il poeta Licofrone (Alex., 961), come pure lo storico Lico (fr. 8 Jacoby), ha Krimisós, laddove Diodoro (XIX, 2, 8) attesta Kremissós.
Incerta è pure l'etimologia del termine; il Bochart (Geographia sacra, I, XXVII) fornisce due spiegazioni: 1) da cerem (vite) e asis (mosto), voci cartaginesi; 2) da carmes (oppio) voce punica. Una terza spiegazione lo fa derivare dalla voce greca kríni, forma itacizzata di kréne (= sorgente).
In base al mito, invece, lo studioso castellammarese Diego Buccellato Galatioto (Castellammare del Golfo, Palermo, 1909, p. 18) così riassume i possibili significati del nome: « Secondo il Fazello, dec. I, cap. III, ebbe questo nome perché ha alte rive o perché così si chiamava il padre di Aceste; Virgilio è dell'opinione che l'ebbe da un fiume di Troia; il cav. Fraccia opina essere stato chiamato così dagli Elimi, da una città dell'Epiro da loro abitata, che si appellava Crimisa ».
In questo passo tuttavia è da notare che il Buccellato attribuisce erroneamente a Virgilio la paternità dell'origine troiana del fiume, forse per un'errata interpretazione del v. 38 cit., ove però la voce Troia non è sostantivo, ma aggettivo da riferire a mater.
Per quanto riguarda la localizzazione del fiume, tutte le fonti antiche che riferiscono il mito, pur nelle sue varianti, non lasciano sorta di dubbio: il Crimiso è un fiume del territorio di Segesta, e perciò va identificato con l'odierno San Bartolomeo che sfocia nel golfo di Castellammare, ove Segesta aveva il suo emporio. Ciò che non è chiaro è se il nome Crimiso (o una delle sue varianti) indicasse tutto il fiume o solamente una parte di esso. Il San Bartolomeo infatti (che ebbe quest'altro nome, a detta del Fazello, in epoca cristiana, per la vicinanza di una chiesa eretta in onore di questo santo) risulta dalla confluenza di due rami principali: il Caldo e il Freddo che, in località Mangiaferro, si uniscono e diventano un unico corso d'acqua sino alla foce. A sua volta, il fiume Caldo, che nasce ad occidente di Calatafimi, riceve altri affluenti minori a carattere torrentizio (il Pìspisa e, più avanti, il Mèndola), passa ad oriente delle rovine di Segesta (prendendo anche il nome di Gàggera, datogli dagli Arabi) e finalmente, prima di congiungersi col Freddo, incontra nel suo percorso, tra gole suggestive e pareti rocciose a strapiombo dove nidificano le cornacchie, alcune sorgenti di acque termali da cui deriva appunto il nome di caldo: queste sono soggette a variazioni, sia nel numero che nella portata e nella temperatura; ne è prova il fatto che, durante il terremoto della valle del Belice del 1968, ne sono scaturite delle altre che dopo un po' di tempo si sono esaurite.
Ciò premesso, a me pare che le ipotesi probabili siano due: o che il Crimiso rappresenti solamente il fiume Caldo (ed è questa, come abbiamo visto, anche l'idea del Giustolisi, avvalorata dall'origine naturalistica del culto del dio fluviale), oppure, ipotesi che non contrasta però con la precedente, che esso s'identifichi con tutto il fiume dalla sorgente alla foce, e quindi compreso il tratto che va dalla località Mangiaferro, ove avviene la confluenza col fiume Freddo, sino al mare.
Che si tratti del fiume Freddo, come alcuni storici sostengono, mi pare che sia da escludere anche per quanto sostiene lo storico Lico di Reggio nel già citato frammento che faceva parte di un'opera Sulla Sicilia, dove a proposito del Crimiso è detto che le acque del fiume sono fredde in superficie e calde in profondità; particolarità che ben si adatta ad un corso d'acqua lungo il quale affiorano sorgenti termali, una delle quali proprio nel letto del fiume.
In questo caso è probabile che la testimonianza di Eliano sopra citata si riferisca non a tre fiumi, come comunemente si pensa, (cfr. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia, Catania, 1911, il quale non precisa però di quali fiumi si tratti) ma a due sorgenti calde, Pòrpace e Termesso (la voce Telmesso adoperata da Eliano è con ogni probabilità un fraintendimento suo per Termesso che in greco significa appunto caldo, oppure una forma corrotta della tradizione manoscritta), mentre Pòrpace potrebbe derivare da pûr (= fuoco) e da pagá (in dorico = sorgente) e quindi significare sorgente di fuoco da identificare forse con l'odierno Gorgo Caldo.
L'altra notizia che ci viene da Strabone (XIII, 1, 53) e Diodoro (XX, 71, 2), che chiamano con i nomi di Scamandro e Simoenta i fiumi di Segesta, può essere un’ulteriore prova della troianizzazione della leggenda: Scamandro e Simoenta (che erano i fiumi di Troia, per come risulta dall'Iliade) non sarebbero altro che i nomi troiani rispettivamente del fiume Caldo (o Crimiso) e del fiume Freddo. Se invece Eliano con i nomi di Pòrpace e Termesso avesse voluto indicare due fiumi distinti dal Crimiso, allora il Porpace potrebbe essere il fiume Freddo (o Simoenta, ma l'ipotesi è contraddetta dal nome) mentre il Termesso sarebbe il fiume Caldo (o Scamandro) e il Crimiso indicherebbe solamente il tratto da Mangiaferro alla foce; oppure il Porpace ed il Termesso potrebbero rappresentare i due torrenti, affluenti minori, del Gàggera-Caldo (e cioè il Pispisa e il Mendola), mentre il Crimiso (Scamandro) sarebbe lo stesso fiume Caldo.
A conclusione di questa storia così complessa di nomi e luoghi, mitici o reali, che s'intrecciano e si sovrappongono, l'unica certezza raggiungibile mi pare l'identificazione del Crimiso con il fiume Caldo. Per il resto non è possibile dire, allo stato attuale, una parola definitiva: aggiungiamo solamente che, a completare un quadro di riferimenti quanto mai suggestivo, seppure complicato, il termine pòrpax è uno dei nomi giudicati da Senofonte (Cinegetico, 7, 5) adatti ad un cane: non sarà anche questa una dotta allusione all'aspetto di cane che il Crimiso assunse per sedurre Egesta?



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