Schiavo greco, Fedro per meriti culturali ottenne da Ottaviano Augusto la libertà divenendone quindi liberto. Il poeta (del suo nome latino i codici riportano soltanto il genitivo Phaedri, e perciò non sappiamo se fosse chiamato Phaeder o Phaedrus) era originario della regione macedone del monte Pierio, nota quale privilegiata sede delle Muse, di cui Fedro si professava alunno. Le poche notizie biografiche che di lui conosciamo ce le fornisce egli stesso nel prologo al terzo libro dell’opera pervenutaci con il titolo «Phaedri, Augusti libertus, fabularum Aesopiarum libri quinque». Le sue favole sono dette esopiche, perché tratte in parte, nel tema e nell’argomento, da quelle del greco Esòpo, vissuto nel VI secolo a.C. La data di nascita di Fedro si pone intorno al 15 a. C.; la sua presenza a Roma, dove sarebbe giunto in giovanissima età essendo stato fatto prigioniero durante la spedizione romana di Lucio Calpurnio Pisone, si sarebbe protratta fino alla morte, avvenuta durante il regno di Claudio (41-54 a.C.).
I maggiori dispiaceri egli li avrebbe avuti durante il principato di Tiberio; il prefetto del Pretorio Seiano si era adirato per essersi identificato in alcuni dei personaggi (uomini in sembianza di animali) messi in berlina nelle favole di Fedro, il quale allora soleva (non potendo fare altrimenti perché “al plebeo non è lecito parlar male dei potenti”) manifestare in chiave allegorica la propria disapprovazione nei confronti dei riprovevoli costumi di molti dei propri contemporanei.
La raccolta poetica contiene 93 favole variamente distribuite in cinque libri (31, 8, 19, 25, 10), ma ad esse vanno aggiunte 32 nuove favole trascritte in un manoscritto del XV secolo dal vescovo umanista Nicolò Perotti (Fano 1429 - Sassoferrato 1480)
Protagonisti della maggiore parte delle favole di Fedro sono gli animali, ma vi appaiono pure uomini della mitologia e della storia. La cosiddetta morale evidenzia l’insegnamento che dal fatto narrato il lettore è invitato a recepire; essa si trova all’inizio o alla fine delle favole. Una morale pratica la sua, come è stato giustamente osservato, che non si ispira ai massimi sistemi della filosofia, dell’etica o della religione, ma che più semplicemente poggia sull’esperienza e sul buon senso.
Le poesie di Fedro, in senari giambici, sono degli autentici capolavori che hanno mantenuto la loro efficacia artistica, educativa e didattica fino ai nostri giorni. Ampiamente presenti nelle antologie, in uso negli istituti superiori in Italia e nei Paesi di cultura neolatina come la Francia, la Spagna e la Romania, concorrono efficacemente non solo all’apprendimento della comune lingua d’origine, ma anche incisivamente alla formazione delle nuove generazioni.
La chiarezza espositiva e la libertà espressiva permettono a Fedro di farsi capire da tutti, dai piccoli ai grandi, dai meno colti ai più colti. Il suo linguaggio è semplice, quasi elementare; manca qualsiasi complicazione stilistica. Oltre a ciò il numero dei versi è sempre abbastanza esiguo; la favola più lunga della raccolta si estende appena per 60 versi. È uno scrittore sobrio e misurato con il dono della sintesi e della semplicità, che conferiscono alle sue fantasiose creazioni un garbo squisitamente signorile.
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