Il territorio dell’attuale provincia di Trapani ha visto nel corso dei millenni l’alternarsi di diverse etnie che hanno lasciato resti di numerosi insediamenti, con un patrimonio ancora tutto da scoprire. I primi abitanti, di cui abbiamo tracce certe, furono i Sicani. In seguito, un altro popolo si affaccia nel panorama storico della Sicilia nord-occidentale: gli Elimi.
Ma chi erano gli Elimi? Circa le origini di questo popolo si sono scontrati a lungo storiografi e studiosi già dai tempi dei Greci e dei Romani, giungendo alle conclusioni più disparate, ma l’ipotesi che mette d’accordo la maggior parte di essi è quella confermata anche dal greco Tucidide: gli Elimi, abitanti della Sicilia occidentale, vi giunsero via mare, dopo la caduta di Troia (XII sec. a.C.), dalle zone anatoliche sotto il diretto controllo troiano.
Si pensa che un gruppo di essi, approdando sulle coste della Sicilia occidentale, si spinse verso l’interno, colonizzando la zona di Segesta e di Erice, che divennero le loro principali città.
Erano gli anni 50, quando in seguito a numerosi studi archeologici, promossi dal prof. Vincenzo Tusa, vennero alla luce resti di un’area urbana e di un santuario alle pendici est del monte Barbaro a Segesta.
Una scoperta magnifica: finalmente le antiche vestigia di un periodo storico dimenticato, di una cultura sconosciuta a molti e di una etnia, che rese grande la Sicilia occidentale, riaffioravano, facendo sognare turisti e appassionati e facendone rivivere il mito.
Gli scavi iniziali vennero compiuti in un’area di notevoli dimensioni (83x48 m circa). Già in un primo momento furono rinvenute le tracce di un grande recinto composto di imponenti blocchi di travertino, racchiudente due “solenni” edifici, sicuramente destinati al culto, databili al VI-V sec. a.C.
Tra i reperti di notevole importanza archeologica vi è il ritrovamento di una lastra di pietra che reca inciso un portale rastremato verso l’alto, con architrave a “gola egizia”: un chiaro riferimento di decorazione orientale che conferma la posizione tucididea circa le origini da regioni medio-orientali degli Elimi.
Sembra, inoltre, suffragare questa tesi l’assenza quasi totale di resti ceramici, solitamente rinvenuti, invece, presso rovine greche. Pertanto si pensa che questo tempio, strutturalmente greco, fosse di rito elimo.
Purtroppo non possiamo dire altro, in quanto gli scavi da allora non sono stati più ripresi. Ci si chiede perché, a distanza di cinquanta anni, nessun’altra campagna di ricerca è stata intrapresa. Di chi la colpa? Quali i motivi? Incuria, trascuratezza, superficialità, o cos’altro? Perché il patrimonio archeologico siciliano giace sempre dimenticato? È forse meno importante di quello presente in altre località?
Dopo tanti interrogativi, vorremmo poter dare una certezza a tutti coloro che amano la Sicilia e il suo glorioso passato ma, affinché la nostra non resti una vana speranza, esortiamo i giovani siciliani a adoperarsi in prima persona per contribuire fattivamente a far riemergere le testimonianze del passato, con l’auspicio che lo splendore di allora vivifichi il grigiore del tempo presente.
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