Alla domanda “Come avranno fatto?”, che nasce con meravigliata spontaneità, raramente si tenta di dare una risposta. Perché in realtà è viva in noi la convinzione che tutto ciò che ci sta attorno sia stato creato davvero in un’era mitica, durante la quale, con l’aiuto di generosi dei e di valorosi eroi, le imprese più ardue e le opere più grandi erano portate a termine con fiabesca semplicità, senza che una sola goccia di sudore venisse sparsa.
Ma se cercassimo di dare risposta all’inevitabile domanda, la magica atmosfera che in quel momento ci avvolge più che svanire aumenterebbe. Questo perché diventeremmo consapevoli delle fatiche, della volontà e dell’inventiva di questi antichi popoli.
Un luogo nel quale tale atmosfera può essere avvertita e intensamente vissuta è Campobello di Mazara: qui, a sud-ovest del paese, vi sono le Cave di Cusa, da cui i Selinuntini prelevavano il materiale per innalzare i loro templi. Grazie a questo particolare ed impareggiabile luogo, dove si possono osservare le varie fasi della lavorazione e di estrazione della roccia tufacea, gli archeologi hanno potuto comprendere, in gran parte, come erano costruiti i rocchi e poi come questi venivano trasportati fino alla vicina colonia greca di Selinunte. Veniva praticata nel suolo una trincea circolare, incisa con gli scalpelli, spessa circa 50 cm. Per provocare il distacco del cilindro roccioso dal resto del blocco calcareo si applicavano dei cunei di ferro alla superficie inferiore del rocchio e si battevano con un martello tali cunei contro la roccia. In seguito, grazie a delle leve, il blocco poteva essere sollevato e infine lavorato e perfezionato.
Per quanto concerne il trasporto a Selinunte, che dista circa otto km dalle cave, per i rocchi più leggeri venivano utilizzati carri a due ruote; quelli più pesanti, invece, erano trascinati mediante un macchinario inventato all’epoca da un architetto di nome Chersione.
La tecnica era questa: si rivestivano i blocchi con un’armatura circolare in legno, dove era successivamente applicata una fune, per permettere ai buoi o agli schiavi di trascinare l’intero carico.
L’attività delle Cave di Cusa, iniziata nel 550 a.C., fu purtroppo bruscamente interrotta nel 409 a.C., anno della sconfitta e della distruzione di Selinunte ad opera dell’esercito cartaginese.
Forse, a causa di questa improvvisa ed inaspettata fine, come osserva Vincenzo Tusa, osservando il panorama davvero unico, “sembra quasi che il lavoro debba essere ripreso da un momento all’altro; ed invece sono passati più di 2400 anni”.
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