Castellammare del Golfo: l'emporio segestano

di Ignazio Concordia
Archeologia a Castellammare del Golfo in provincia di Trapani con riferimento alla storia di Segesta, degli Elimi e alle fonti classiche e al mito sul Crimiso e i Troiani

Castellammare del Golfo : foto del porto, antico Emporiun SegestanorumL'esistenza di un emporio, cioè di uno scalo marittimo dell'antica città di Segesta, è desumibile da indicazioni presenti negli autori classici a partire almeno dagli inizi del V sec. a. C.
Erodoto (VII, 158, 2) scrive che il tiranno Gelone rinfacciò agli ambasciatori Greci, giunti da lui a chiedere aiuto contro i Persiani, di non essere stato aiutato da loro nelle operazioni militari, da lui promosse contro i Cartaginesi e i Segestani, per vendicare l'uccisione dello spartano Dorieo, ma anche per liberare gli empori della Sicilia occidentale. Dorieo, principe spartano, fu ucciso dalle forze congiunte degli Elimi di Segesta e dei Punici di Cartagine nel tentativo di fondare una colonia nella Sicilia occidentale (forse nei pressi di Drepano). Tra questi empori quello di Segesta, anche se non viene espressamente menzionato, doveva essere sicuramente uno degli obiettivi più importanti del tiranno; perciò, se questa nostra ipotesi è esatta, abbiamo qui la più antica testimonianza sull'esistenza del porto di Segesta già agli inizi del V sec. a. C. (la testimonianza di Erodoto risale infatti al 480 a. C.). L'accesso agli empori, cioè ai porti commerciali della Sicilia occidentale, era indispensabile per abbattere la potenza cartaginese nel Mediterraneo; Gelone sembra aver voluto attuare questo piano strategico anticipando la politica di Roma nella prima guerra punica.
Tucidide, a proposito della spedizione ateniese in Sicilia del 415 a. C., più volte parla di navi che andavano o venivano da Segesta: in VI, 44, 4 afferma che gli Ateniesi aspettavano anche che ritornassero da Egesta le navi che avevano mandato avanti e poi precisa che tre navi erano andate avanti e tornavano da Segesta (VI, 46, 1); quindi racconta che gli strateghi ateniesi salparono in direzione di Segesta (VI, 62, 1) e che Nicia andò lungo la costa direttamente da Iccara a Segesta. Ora, dal momento che Segesta non si trova sulla costa, ma all'interno, è evidente che doveva possedere un porto dove le navi potessero attraccare.
Anche Diodoro Siculo (XIII, 6, 1), a proposito di questa spedizione, ci informa che gli strateghi Ateniesi rimasti in Sicilia con le loro forze navigarono alla volta di Segesta, conquistarono la piccola città sicula di Iccara (odierna Carini, in provincia di Palermo) e col bottino ricavarono cento talenti; ricevuti poi anche i trenta talenti promessi dai Segestani, ritornarono a Catania. Una notizia simile la troviamo in Polibio (I, 24, 2), il quale ci fa sapere che nel 260 a. C., agli inizi della prima guerra punica, i Romani…. sbarcati in Sicilia liberarono dall'assedio Segesta ridotta ormai allo stremo; il che lascia supporre che lo sbarco sia avvenuto direttamente nel porto della città. Infine Cicerone menziona, tra l'altro, una Segestana navis (Verr., II, 5, 86) e un certo Eraclio di Segesta, navarco, cioè capitano di navi, ingiustamente punito da Verre (Verr., II, 5, 111): tutte queste testimonianze dunque lasciano supporre l'esistenza del porto di Segesta, pur non essendo distinto dal nome della città.
Immagine di Castellammare del Golfo : la città e il porto dall'altoUna menzione esplicita si trova invece presso Strabone (VI, 2, 5) e presso il geografo Tolomeo, ove però la collocazione del sito, forse per un mero errore materiale nella trasmissione del testo, è palesemente errata. Tolomeo infatti fornisce la seguente disposizione riferendosi alle località della costa da Palermo a Trapani (Geografia, III, 4, 2): Panormo, Cetaria, foce del fiume Bathis (odierno Iato), Drepano, Emporio di Segesta, promontorio Egitarso (capo S. Vito). È evidente che qui l'ordine esatto non viene osservato, in quanto Segesta non poteva avere il suo porto in un posto tanto lontano fra Trapani e capo S. Vito.
La posizione esatta ce la dà invece Strabone (VI, 2, 1), che la fissa a 32 miglia a ovest di Palermo, per cui l'ordine delle località, riportato da Tolomeo, va così corretto: Panormo, foce del Bathis/Iato, Emporio di Segesta, Cetaria, capo Egitarso/S. Vito, Drepano. Grazie a Strabone quindi, che è l'unico, assieme a Tolomeo, a citare espressamente l'Emporio segestano, si può localizzare e identificare questo antico sito con l'odierna località di Castellammare del Golfo, la quale, oltre al predetto requisito della distanza, presenta altre caratteristiche, tutte favorevoli all'identificazione; se ne sono resi conto i principali studiosi della Sicilia antica (ad eccezione del Fazello, che fu indotto in errore dal Tolomeo) dal Cluverio all'Amico, al Longo, lo studioso di Calatafimi che ci ha lasciato queste convincenti argomentazioni: "il sito di esso senza meno era quello istesso che al presente viene occupato dalla terra di Castello a Mare del Golfo; che un tempo dicevasi Seno Egestano, distante da Segesta circa cinquemila passi verso il Settentrione, poco lungi dalla foce del fiume Crimiso. Questo si è il comune sentimento degli Eruditi, sostenuto da vari contrassegni, troppo manifesti; primieramente quivi trovasi una Cala, sufficiente a mantenere il traffico del Caricatore di frumento, di vino, e di molti altri generi di commercio, che si fa colle estere Nazioni. Inoltre la qualità del luogo, dalla natura stessa fortificato, è tutto isolato, in maniera che per via di un ponte si unisce al continente; la fortezza, che si erge sopra un'alta rupe, in cui vanno a spezzarsi l'onde adirate del mare di tramontana, sono i caratteri più chiari del sito di questo emporio." (Ragionamenti istorici, VII, cap. XIX, pag. 116).
Le osservazioni del Longo furono riprese e integrate dal D. Buccellato Galatioto, che così scrisse: "Il territorio egestano si estendeva da capo Egitarso fino a Iccara (Carini) dalla parte settentrionale; da ponente fino al fiume Amfisbite, oggi delle Arene, il quale segnava la linea di confine tra Egesta e Selinunte; da mezzogiorno confinava col territorio di Alicia (Salemi), da levante con quello di Panormo; e perciò nessun altro sbocco di mare potea avere Egesta che nel solo golfo di Castellammare (...). Del resto è ovvio riflettere che, avendo un mare proprio, a pochi chilometri di distanza, Egesta non potè avere un Emporio in un territorio non suo, molto lontano, vicino Selinunte sua odiata nemica, che avrebbe continuamente ostacolato i suoi commerci (...) nessun'altra spiaggia è più vicina ad Egesta (18 Km.); e dal capo S. Vito al Rama non si trova altra rada più adatta allo approdo delle navi, né altro luogo più fortificato e più sicuro."
A tutte queste considerazioni, che ci trovano pienamente d'accordo, si può, da parte nostra, aggiungere che, non solo la natura del luogo, con le due suggestive calette della Marina e di Petrolo, che offrivano un eccellente approdo alle navi, avrà convinto i Segestani a installare qui il loro emporio, ma soprattutto la vicinanza del Crimiso, che sfocia appunto a poca distanza dall'abitato. È noto infatti che gli antichi, nei viaggi dalla costa verso l'interno e viceversa, seguivano, quando era possibile, il corso dei fiumi, specie se navigabili, i quali offrivano un comodo e facile mezzo di trasporto, e nelle loro vicinanze fondavano le città. Quasi tutte le antiche colonie della Sicilia, situate sulla costa, si trovavano nei pressi di un fiume, ed ugualmente quelle città dell'interno, che avevano bisogno di uno scalo commerciale, lo sceglievano di preferenza nelle vicinanze di un fiume. È il caso ad es. di Selinunte, che aveva il suo emporio alla foce del Mazaro, nel sito dell'odierna Mazara del Vallo, e anche Segesta, non lo dubitiamo, avrà fatto una scelta di questo tipo, e non si sarà voluta allontanare dal suo corso d'acqua principale, al quale la legavano tante vicende, sia mitiche che storiche. La felice posizione del posto, naturalmente adatto ad un insediamento portuale, favorì la scelta, e da quel momento l'Emporio seguì, nel corso della sua millenaria storia, le vicende di Segesta, alla quale sopravvisse, dando asilo, con tutta probabilità, a parte della sua popolazione.



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