Con l'avvento dei Romani scomparve, poiché divenuto illegale, uno dei culti più importanti dell'antichità: quello per il dio Bacco.
I fedeli comunicavano col dio attraverso la musica, il vino, la danza e l'amore di gruppo. Partecipava chiunque lo volesse, al di là di ogni distinzione sociale, prevaricando la razza e il sesso d'appartenenza, poiché contava solo il contatto col dio che, “entrando in loro”, permetteva ciò.
Il rito era divenuto una valvola di sfogo, una liberazione dal disagio quotidiano che affliggeva soprattutto le donne (il cui numero, nel rito, superava quello degli uomini).
I riti col tempo si intensificarono (da tre ogni anno divennero cinque al mese), diventando sempre più dissoluti. Per questo motivo i Romani, attraverso dei processi, misero al bando i riti e a morte i seguaci.
I “sopravvissuti” usarono le rappresentazioni teatrali come espediente: i partecipanti furono così sostituiti da attori in maschera. Sorsero quindi numerosi teatri, soprattutto nelle città più grandi, e Catania non rappresentò l'eccezione.
Cospicui resti di quello che fu uno dei più grandi anfiteatri romani (inferiore solo al Colosseo e all'anfiteatro di Verona) si possono ammirare in piazza Stesicoro. Sorto nella seconda metà del II sec. d.C., era separato dalla retrostante collina da un corridoio sormontato da grandi archi e volte (realizzate in “opus caementicium” e rivestite in “opus latericium”) che sostenevano le gradinate.
Il perimetro esterno misurava 309 metri, quello interno 192 e fu realizzato in “opus vittatum” (pietra lavica e mattoni), con pilastri in “opus quadratum”. Un grande tendone, per il sole o per la pioggia, ricopriva i 15.000 spettatori nella monumentale opera.
La cavea aveva 14 gradini ed era inclinata grazie a delle costruzioni radiali. Nel complesso la cavea risultava composta da ordini sovrapposti in uno spazio che non permetteva alcuna visuale esterna, per permettere la piena concentrazione sul palco.
Non molto distante da Piazza Stesicoro troviamo i resti di un piccolo odeon, edificato in pietra lavica, con un emiciclo formato da 18 muri che formano, allargandosi, cunei stretti e lunghi in cui erano stati ricavati 17 vani coperti; questi ultimi avevano delle volte a botte sostenute da archi in mattoni.
Del piccolo odeon (destinato alla musica e alla danza) ci sono pervenuti solo pochi gradini ma possiamo supporre che potesse contenere 7.000 spettatori.
La facciata esterna presentava archi a tutto sesto con architravi in mattoni (piattabande), intervallati da pilastri sporgenti.
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